Calzature, la Ue « grazia» quattro aziende cinesi
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Calzature, la Ue « grazia» quattro aziende cinesi

Calzature, la Ue « grazia» quattro aziende cinesi

Antidumping. Devono essere risarcite
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MILANO
Il Consiglio europeo dovrà risarcire quattro aziende cinesi attive nella produzione e nell'export di calzature perchè non è stata data loro la possibilità di dimostrare che meritavano di essere escluse dai dazi antidumping che nel 2006 la Commissione europea ha introdotto sull'import di calzature da Cina e Vietnam.
Lo prevede una sentenza definitiva della Corte europea di Giustizia che, al termine di un complesso iter, ha accolto le istanze delle due società di Hong Kong, Brosmann Footwear Ltd e Risen Footwear, della Seasonable Footwear Ltd di Zhongshan e della Lung Pao Footwear Ltd di Guangzhou. Le motivazioni si basano su eccezioni di puro diritto; la giustizia comunitaria infatti non si è espressa nel merito sull'esistenza o meno dei requisti per ottenere l'esenzione anche parziale (dal 16,5 al 9,7%) dall'antidumping.
«Questo esito non inficia affatto la battaglia condotta nei confronti della concorrenza sleale di provenienza asiatica - commenta Vito Artioli, presidente della Confederazione europea dell'industria calzaturiera (Cec) la cui denuncia alla Commissione ha aperto la strada all'antidumping durato per un intero quinquennio - tuttavia spiega bene le difficoltà incontrate nell'ottenere una misura che - è un dato di fatto - ormai è scaduta, lasciando il posto a un monitoraggio necessario a sondare le possibili nuove ricadute nei meccanismi distorsivi della concorrenza».
Ricapitolando i termini della vicenda: mentre era in corso la procedura per l'antidumping le quattro aziende cinesi avevano chiesto, invano, alla Commissione, il riconoscimento dello status di impresa operante in economia di mercato ("SEM") o di beneficiare di un trattamento individuale ("TI"). Nel 2006 il Consiglio Ue ha adottato il regolamento 1472/2006, istituendo un dazio antidumping definitivo sulle importazioni di calzature con tomaie di cuoio originarie della Cina (escluse le calzature per lo sport, le Staf - calzature sportive con tecnologie speciali - le pantofole ed altre calzature da camera e delle calzature con puntale protettivo). Il fatto che la Commissione non abbia risposto individualmente a ciascuna domanda di concessione del SEM non è stato considerato una violazione del regolamento di base (regolamento n. 384/96 relativo alla difesa contro le importazioni oggetto di dumping). Il numero straordinariamente elevato di richieste presentate dalle società interessate ha permesso, infatti, all'amministrazione, di esaminare soltanto quelle provenienti dalle società scelte come campione.
Il tribunale dell'Unione europea, con sentenza T-401/06 (4 marzo 2010) ha respinto il loro ricorso per l'annullamento parziale del regolamento (CE) n. 1472/2006. Le ricorrenti non si sono arrese e hanno chiesto alla Corte di annullare la sentenza del tribunale sostenendo che questo, affermando che le istituzioni non erano tenute ad esaminare le domande di SEM/TI delle ricorrenti, né di tenerne conto, ha commesso un errore di diritto. La Corte, a sua volta, ha dichiarato che il Tribunale ha commesso un errore di diritto considerando che la commissione non era tenuta ad esaminare le domande di SEM fondate sull'articolo 2, paragrafo 7, lettere b) e c), del regolamento di base, provenienti da operatori non facenti parte del campione. Di qui l'annullamento della sentenza del tribunale Ue T-401/06, nonché il regolamento del Consiglio n. 1472/2006 nella parte relativa alle quattro aziende cinesi.
© RIPRODUZIONE RISERVATA

03/02/2012
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