Pechino, 08 mar. - Aumentano le preoccupazioni di Pechino sulla tenuta dei prestiti forniti alle amministrazioni locali: è quanto emerge dall'incrocio delle dichiarazioni rese negli ultimi giorni dal governatore della Banca centrale Zhou Xiaochuan e dal direttore della sezione di Shanghai della China Banking Regulatory Commission, Yan Qingmin. "I prestiti alle piattaforme finanziarie create dai governi locali che utilizzano la terra come garanzia potrebbero costituire un rischio per le banche nazionali - ha dichiarato Zhou in una conferenza stampa ai margini dei lavori dell'Assemblea Nazionale del Popolo-, in futuro un calo dei prezzi dei terreni comporterebbe una ridefinizione nella stima dei crediti". Yan Qingmin si spinge ancora più in là: in un'intervista concessa a Bloomberg l'uomo dell'authority bancaria nazionale a Shanghai annuncia che la capitale sta valutando la possibilità di congelare le garanzie fornite dalle amministrazioni locali per i prestiti già erogati; il governo centrale, inoltre, potrebbe varare nel giro di un mese una nuova norma che impedisce di impiegare nuove garanzie per i prestiti futuri. La situazione, insomma, sembra notevolmente mutata rispetto alla scorsa primavera, quando la China Banking Regulatory Commission rassicurava gli scettici sull'enorme incremento dei prestiti in atto in Cina, sostenendo che la maggior parte dei crediti veniva erogata verso progetti di infrastrutture garantiti dal governo che sarebbero stati senz'altro ripagati. A distanza di quasi un anno, il messaggio è cambiato: alcuni di questi prestiti non dovrebbe essere considerata esente da rischi. Cosa sta succedendo? Al centro di tutto, come raccontato da AgiChina24 nel giugno dell'anno scorso, ci sono le piattaforme finanziarie messe in piedi dalle amministrazioni locali come città, municipalità, contee, eccetera. Un'abbondante porzione del pacchetto di stimoli all'economia da 4mila miliardi di yuan varato dal governo nel novembre 2008 non proviene direttamente dal governo centrale ma dagli sforzi dei governi locali; la maggior parte di essi, però, possiede fondi limitati ed è soggetta ad alcune severe limitazioni nel rastrellamento di nuove risorse. Ecco allora che, per aggirare queste limitazioni, sono state create numerosissime agenzie semi-pubbliche - si stima che in totale siano più di 8mila - che hanno il compito di accumulare nuovi fondi sia tramite il piazzamento di bond (anche al pubblico) che mediante la raccolta di prestiti. "Nonostante molte agenzie siano in grado di ripagare, ce ne sono altre che causano preoccupazioni - ha dichiarato il governatore della Banca centrale - e ricadono essenzialmente in due categorie: quelle che hanno utilizzato la terra come garanzia e quelle che non possiedono veri asset per coprire i prestiti, un'eventualità che rende responsabili direttamente i governi locali". Secondo Yan Qingmin le agenzie semi-pubbliche che rispondono alle amministrazioni delle ricche zone costiere hanno ottenuto fondi dai mercati senza appoggiarsi eccessivamente alle banche; a destare particolari preoccupazioni sono le omologhe localizzate nel nord e nell'ovest della Cina, che potrebbero non essere altrettanto in salute. "Numerose banche commerciali sono state messe in guardia per ridurre la loro esposizione verso questo tipo di creditori e nel bloccare ulteriori prestiti qualora dovessero riscontrare altri problemi" ha detto Yan. Secondo quanto dichiarato all'inizio del mese dal professor Victor Shih della Northwestern University un blocco di tali prestiti, stimati alla fine del 2009 intorno agli 11400 miliardi di yuan (più di 1140 miliardi di euro), potrebbe innescare "una gigantesca onda" di crediti non esigibili, in quanto numerosissimi progetti in corso rimarrebbero privi di fondi. I dati ufficiali risalenti al 31 dicembre scorso stimavano i non performing loans nelle casse delle banche cinesi a quota 497 miliardi di yuan (circa 50 miliardi di euro); secondo i calcoli del professor Shih le agenzie semi-pubbliche dei governi locali hanno ottenuto prestiti dalle banche per 12.767 miliardi di yuan. Il sistema finanziario cinese, alla luce di questi dati, potrebbe rivelare molti più rischi di quanti non ne appaiano ad una prima occhiata.
di Antonio Talia