Bitron: potenzialità, ma pagamenti lenti
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Bitron: potenzialità, ma pagamenti lenti

Bitron: potenzialità, ma pagamenti lenti

Cina. Elettrodomestici
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Dieci anni in Cina. Il Gruppo Bitron, che produce componenti plastici ed elettronici per il settore elettrodomestico e automotive, è testimone dell'evoluzione del mercato: dalla paura al boom, fino al 2011, quando «anche la Cina ha mostrato che potrebbe andare in crisi. Resta il fiore all'occhiello, finora siamo cresciuti del 20-25% all'anno, ma abbiamo dovuto rivedere i budget al ribasso». Alessandro Bianco è uno dei quattro azionisti del gruppo (fondato dal papà Giovanni, tuttora presidente), vice president di Bitron Industrie, responsabile degli stabilimenti esteri (Spagna, Turchia, Polonia e Cina) e di tutta l'elettronica del gruppo. In Cina Bitron ha investito quest'anno 15 milioni di euro: 4 milioni per il nuovo stabilimento, pronto a partire, di 13mila metri quadrati; 7 milioni destinati a sostenere la crescita dell'elettromeccanica del mondo auto e 3 per l'elettronica. I due progetti, cofinanziati da Simest per il 15%, prevedono una crescita in otto anni del fatturato cinese, che intanto passerà dai 67 milioni di euro del 2011 a 100 milioni nel 2012. «La Cina ancora offre grandi opportunità, ma richiede continui e ingenti investimenti proprio perché è un mercato sempre più competitivo», spiega Bianco. A complicare le cose sono i sistemi di pagamento lenti e i tempi di trasporto verso gli Stati Uniti, che assorbono il 25% della produzione cinese di Bitron. «La manodopera a basso costo (2 euro all'ora contro i 24-25 in Italia) è un vantaggio, ma bisogna considerare che in Europa lavoriamo in altissima automazione, mentre in Cina, pur essendo tra i più automatizzati, utilizziamo oltre il triplo di addetti». A portare in Cina il gruppo torinese è stata Haier, azienda cinese leader mondiale negli elettrodomestici. «Ci abbiamo pensato per più di tre anni - riferisce Bianco -: avevamo paura. Era il 2001. Iniziava allora il boom cinese per gli elettrodomestici. E si era appena aperta la possibilità di ingresso per aziende al 100% straniere. Ma di imprese italiane ce ne erano pochissime. Nella zona di Qingdao, dove ci siamo stabiliti noi, forse nessuna». La via per una media azienda familiare è stata costituire una società ad hoc con una partecipazione cinese al 10%, ricomprato tre anni dopo. Non poche le difficoltà superate: dalla registrazione della società alla relazione con i clienti. Oggi il gruppo Bitron ha in Cina tre società, con 5mila addetti e un fatturato di 600 milioni di euro. E il 2012? «Non fa ben sperare, ma dovremmo iniziare a raccogliere i frutti del mercato automotive, che in Cina ha forti potenzialità di crescita».
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