Banche cinesi capofila nelle ricapitalizzazioni
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Banche cinesi capofila nelle ricapitalizzazioni

Banche cinesi capofila nelle ricapitalizzazioni

Credito globale. Dopo l'Ipo AgBank
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Sembra una sfida alla logica, anche a quella (non necessariamente aristotelica) della finanza: la maggiore Ipo di tutti i tempi si è svolta al termine di un semestre in cui la Borsa dove è avvenuta ha registrato la peggiore performance tra tutti i mercati azionari mondiali, Grecia esclusa. Di più: ha visto come protagonista una banca che è considerata la peggiore tra i grandi istituti nazionali, focalizzata sul retail e non su più complessi modelli di business, e per di più in una fase di restrizioni al business bancario e di «stress test» generali. Agricultural Bank of China – la «banca dei contadini» fondata da Mao, più volte ristrutturata e tecnicamente insolvente solo 3 anni fa – ha lanciato a metà luglio la sua Ipo a Shanghai e Hong Kong e con il successivo esercizio della green shoe ha raggiunto un valore equivalente a 22,1 miliardi di dollari. Non ha mai preso in seria considerazione l'ipotesi di rinviare il collocamento, in quanto non ha avuto difficoltà a attirare l'attenzione di grandi investitori stranieri - dai fondi sovrani mediorientali (dal Qatar al Kuwait) a banche commerciali interessate anche a stringere legami operativi (come Standard Chartered e Rabobank). Il pachiderma da 441mila dipendenti e una rete mostruosa di quasi 24mila filiali ha promesso di crescere più delle principali rivali, rilanciandosi non tanto come la banca del piccolo contadino, ma l'istituto dello sviluppo delle aree rurali del paese. Il buon andamento dell'Ipo di AgBank ha spianato la strada al successo dell'Ipo da circa 3 miliardi di dollari a Shanghai dell'11esimo istituto cinese, China Everbright Bank, che il 18 agosto ha debuttato a Shanghai con un balzo del 18%: anch'essa salvata in tempi recenti con un bailout da 20 miliardi di dollari, ha annunciato un raddoppio dei profitti semestrali e conta di aumentare le sue 500 filiali al ritmo di circa un centinaio di sportelli l'anno nei prossimi tre esercizi. Il suo presidente, il banchiere-filosofo Tang Shungning (ex membro della banca centrale e capo dell'intero conglomerato Everbright) ha recitato una poesia di Mao - di cui resta grande ammiratore – prima del gong che ha segnato l'inizio delle contrattazioni e ha paragonato le riforme da lui attuate presso la banca alla Lunga Marcia degli anni '30. Difficile resistere alla sua promessa di raddopiare i profitti entro due anni. Certo Tang ha potuto avvantaggiarsi della ripresa del mercato (+10% nell'ultimo mese), oltre ad aver avuto l'accortezza di fissare un prezzo leggermente al di sotto delle valutazioni dei concorrenti. «Il sentiment degli investitori verso le banche è migliorato: ci sono meno timori di ulteriori strette da parte delle autorità, mentre i rischi relativi ai bad loans potrebbero evaporare se la crescita economica resterà solida», sintetizza Yu Wei, analista alla Guoyuan Securities. Una situazione che conforta la raffica di banche cinesi – comprese le "Big Three" del sistema – che nei prossimi mesi chiederanno al mercato altre decine e decine di miliardi di dollari per rafforzare la loro struttura patrimoniale, come vuole il governo dopo aver promosso l'anno scorso – nel quadro della manovra di stimoli all'economia - un aumento senza precedenti dei prestiti bancari (al record di 1.400 miliardi di dollari di nuovi crediti nel 2009). Così, mentre le banche dei Paesi di tradizione capitalistica esitano a chiedere a un mercato venato da scetticismi i mezzi per le ricapitalizzazioni rese urgenti anche dall'evoluzione del quadro regolamentare, in Cina le ampie sollecitazioni delle banche agli investitori (attese quest'anno per oltre 80 miliardi di dollari) trovano accoglienza presso gli investitori. La differenza sta nel ritmo di crescita di una economia con continue performance intorno al 10%: finiscono per contare poco, allora, i persistenti problemi di trasparenza, i timori di rigonfiamento degli asset (sopratutto immobiliari), le mosse di "raffreddamento" da parte delle autorità e le restrizioni alle sofisticazioni del business bancario (il 10 agosto è stato ordinato di riportare nei libri contabili i prestiti off balance sheet). Se altrove crescono le critiche alle strategie delle autorità governative o monetarie, insomma, l'attrattività delle banche cinesi appare legata alla fiducia nel successo delle politiche governative impegnate a quadrare il cerchio: garantire la robustezza della crescita cercando di frenare le "bolle" dei prezzi degli asset.
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22,1 miliardi di dollari: il valore complessivo dell'Ipo di Agricultural Bank of China, che ha concluso con successo il suo collocamento – il maggiore della storia – anche se avvenuto al termine di un primo semestre in cui il mercato cinese ha perso circa un terzo del suo valore. La seconda più grande Ipo dell'anno in Cina è stata quella di Everbright Bank, che dovrebbe esercitare la green shoe portando il valore dlel'operazione a 3,2 miliardi di dollari. Il totale dei fondi richiesti quest'anno dal mondo bancario cinese al mercato azionario è previsto in oltre 80 miliardi di dollari.

21/08/2010
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