Pechino, 27 gen.- Quest'anno l'economia del Dragone effettuerà un atterraggio morbido. Lo sostiene Li Daokui, economista della Banca centrale cinese, secondo cui nel 2012 il Pil della seconda potenza economica mondiale scenderà all'8,5% contro il 9,2% del 2011. "Chiunque conosca la Cina, sarà d'accordo con me nel sostenere che il Paese è perfettamente in grado di rallentare il passo" ha dichiarato Li intervenuto a Davos. "I prezzi del mattone si manterranno più stabili e questo aiuterà a raffreddare l'economia e a tenere a freno il caro vita".
Proprio l'inflazione - la tigre contro cui i leader cinesi hanno lottato per oltre 15 mesi – scenderà, secondo l'economista di People's Bank of China, al 3% dal 4,5% del 2011: annus horribilis durante il quale il costo della vita ha toccato il tetto record di 6,5% a luglio, il livello più alto degli ultimi tre anni. Poi, a dicembre, la frenata dell'indice dei prezzi al consumo che si è attestato al 4.1%, in discesa rispetto al +4.2% registrato in novembre, ma ancora al di sopra della soglia del 4% fissata da Pechino per il 2011. Risultato delle misure adottate dalla Banca centrale che dall'inizio dello scorso anno ha aumentato per ben sei volte i requisiti di riserva delle banche. Secondo gli esperti il calo aprirà comunque una nuova fase che vedrà la Banca Centrale adottare una politica monetaria più rilassata. Lo dimostra la decisione dello scorso mese di tagliare le riserve obbligatorie, segno che bisogna tornare a guardare alla crescita.
Una crescita che per molti sarà trainata soprattutto da un incremento della domanda interna su cui, secondo gli esperti, si concentreranno quest'anno le attenzioni dei leader cinesi. E se per molti la presenza relativamente scarsa di cinesi al forum di Davos sarebbe dovuta ai festeggiamenti del Capodanno Lunare, per altri rappresenterebbe al contrario la prova che il Dragone ha distolto lo sguardo dall'export a favore dei consumi interni.
"C'è un mix di speranze e timori riguardo la crescita cinese" ha detto Nariman Behravesh, economista della IHS Global Insight descrivendo quello che è l'umore generale di Davos sul futuro economico del Dragone. In particolare, secondo Behravesh, le preoccupazioni viaggiano su due binari: il primo riguarda il fatto che la Cina è troppo orientata sull'export che già risente della crisi del debito europea e americana; il secondo, riguarda la bolla immobiliare. "E' pericoloso. Sono pochi i Paesi che sono riusciti a sgonfiare la bolla senza creare danni".
A suscitare le perplessità sulla salute finanziaria del Dragone si aggiungono poi il debito accumulato dalle autorità provinciali durante il boom immobiliare e i massicci investimenti sui progetti di grandi infrastrutture. "Non si sa. Tutti sanno che esiste, ma nessuno sa con precisione a quanto ammonti l'eccesso di debito" ha spiegato alla Reuters John Quelch, preside della China Europe International Business School di Shanghai.
Non solo. Secondo gli analisti i debiti detenuti dalle amministrazioni locali cinesi alla fine del 2010 – che i dati ufficiali stimano a circa 1.650 miliardi di dollari – metterebbero i bastoni tra le ruote alle autorità impegnate a sgonfiare la bolla causata da prestiti irregolari.
E infine, a rendere il quadro ancora più complicato, ci sono i milioni di lavoratori migranti che un rallentamento della crescita economica lascerebbe senza lavoro e che devono essere ricollocati. Pena le sollevazioni sociali che negli ultimo 12 mesi hanno agitato il Paese in lungo e in largo.
di Sonia Montrella
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