Pechino, 26 ott. - Due autisti sono stati ufficialmente arrestati dalla polizia di Foshan e sono in attesa di giudizio: si profila quindi nel futuro prossimo un altro caso Li Gang, non tanto per la connivenza col potere delle élite politiche e militari del paese, quanto per la partecipazione emotiva di massa della società cinese. Continua a leggere.
Pechino, 24 ott. - Un uomo è sospettato dell'omicidio di Yueyue, la bambina di due anni che una settimana fa era stata investita da due camioncini pirata senza che nessuno dei passanti le prestasse soccorso e è morta nelle prime ore della mattina di venerdì in un ospedale di Foshan, provincia del Guangdong, nel sud della Cina. Hu Jin, 24 anni, si è consegnato alla polizia tre giorni dopo l'incidente e rischia dai tre ai sette anni di prigione se dichiarato colpevole. L'accusa è di aver investito la piccola senza prestarle soccorso. Insieme a lui è stato fermato un altro autista, accusato di aver investito una seconda volta il corpo sanguinante della bambina. La polizia di Foshan non ha rilasciato ulteriori dettagli sulle indagini in corso.
Il caso ha destato scalpore e indignazione in tutto il paese, ed è subito diventato l'argomento più discusso su Weibo, il "Twitter cinese": le immagini dell'incidente, riprese da una telecamera di sorveglianza, sono di una tale brutalità da avere spinto milioni di cittadini a sfogare il loro sdegno sul web
L'incidente ha innescato reazioni di indignazione e solidarietà nell'opinione pubblica cinese. Sabato 22 ottobre circa 200 persone si sono radunate a Foshan, nel luogo in cui la bambina è stata investita, per dispensare "free hugs", abbracci gratis a sconosciuti, e dichiarare guerra all'indifferenza sociale.
La folla, che si è radunata in risposta all'invito diffuso sul web, ha osservato un minuto di silenzio per ricordare Yueyue, a cui sono seguiti discorsi su come cambiare la società e diffondere l'amore per il prossimo.
Sempre nella giornata di sabato più di 10mila persone si sono radunate a Canton per ricordare la bambina con slogan e fotografie, denunciando la "freddezza" della società e sollecitando una guida più sicura.
Il filmato mostra la piccola Yue mentre cerca di attraversare una stretta strada trafficata: il primo minivan la investe e tira dritto senza fermarsi, sette minuti dopo un secondo camioncino le passa addosso senza nemmeno rallentare.
Sono sette minuti che da giorni stanno inchiodando la coscienza della Cina, sette minuti nel corso dei quali più di una dozzina di persone passa dal luogo dell'incidente senza curarsi del corpicino sanguinante, prima che la mano pietosa di una donna raccolga Wang Yue dal ciglio della strada.
"Abbiamo impiegato ogni possibile sforzo per salvare la vita della bambina" si legge nel comunicato ufficiale diffuso dall'ospedale di Foshan, ma difficilmente l'arresto dei pirati della strada annunciato dalla polizia servirà a placare la madre della bambina o l'opinione pubblica cinese.
"Spero che questo piccolo angelo scartato dalla società possa servire da sveglia alla nazione per far comprendere l'importanza di una vera educazione alla morale" scrive un internauta che si firma gongzai xiaoben, solo uno dei milioni che ha trasmesso su Weibo i suoi pensieri sotto il titolo "Fermiamo l'indifferenza".
Con le tradizionali formule di rito in questi casi, il leader del Partito Comunista del Guangdong ha chiesto di "intraprendere tutte le azioni necessarie per innalzare gli standard morali dell'intera società". In Cina, molti esitano a fermarsi a soccorrere le vittime di incidenti per timore di essere incolpati: diversi casi del genere si sono conclusi con il buon samaritano di turno costretto dal tribunale a pagare multe salate alle persone che avevano aiutato, in quelle che a volta si sono rivelate delle vere truffe. Forse, oltre che alla società, le raccapriccianti immagini della morte della piccola Wang Yue potranno servire anche ai funzionari per fare una delle autocritiche previste dal sistema legislativo cinese.
BIMBA INVESTITA TRA L'INDIRIFFERENZA, LA MORBOSITA' DEL WEB
Pechino, 21 ott. - Wang Yue non ce l'ha fatta: la bambina di due anni che una settimana fa era stata investita da due camioncini pirata senza che nessuno dei passanti le prestasse soccorso è morta nelle prime ore della mattina di venerdì in un ospedale di Foshan, provincia del Guangdong, nel sud della Cina.
Pechino, 19 ott. - Una nuova storia di ordinaria indifferenza è andata in scena la scorsa settimana a Foshan, provincia del Guangdong. Il 13 ottobre Yueyue, una bambina di due anni, stava camminando a lato di una piccola strada interna, di fianco ad una pila di sacchi bianchi, quelli solitamente impiegati per trasportare riso o farina. Sono le 17:30.
Un camioncino bianco le si fa incontro: lei non lo vede – in quel momento, nel video delle telecamere a circuito chiuso trasmesso da un notiziario locale e ripreso su Youku, Yueyue è girata di schiena – e l'autista presumibilmente non si accorge della bambina davanti ai suoi fari, è troppo vicina e troppo bassa. Il veicolo investe Yueyue con la ruota anteriore e si ferma: l'autista si è reso conto di aver messo sotto qualcosa ma non scende a controllare, decide di accelerare, passando nuovamente sopra al corpo della piccola con la ruota posteriore.
La telecamera continua a riprendere, mostrando uno spettacolo raccapricciante. Yueyue è in terra sanguinante e, in 7 minuti, viene investita nuovamente da un altro camion, mentre ben 18 passanti la vedono e fanno finta di nulla. Sono in bicicletta, tengono per mano un figlio, pedalano su un triciclo, passeggiano a pochi centimetri dalla bambina, ma nessuno fa nulla. Solo Chen Xianmei, una signora di 58 anni che al tramonto per arrotondare il suo lavoro di assistente in un ferramenta gira per le strade a raccogliere l'immondizia, non appena vede Yueyue sanguinante si china, la prende in braccio e corre a chiamare aiuto.
Ad oggi, nonostante sia stata data per morta dal Shanghai Daily, una smentita indica che Yueyue sta ricevendo cure all'ospedale militare di Guangzhou ed è ancora in vita, se il coma cerebrale può essere chiamato tale. La vicenda è stata risucchiata immediatamente dal vortice della morbosità online: i commenti sulle piattaforme dei social network cinesi – Youku, Weibo, Tieba... - si contano ormai a decine di migliaia, alimentando un dibattito raramente costruttivo – ammesso che sia possibile costruire qualcosa da un episodio del genere – ma che senz'altro rappresenta un forte atto accusatorio da parte della stessa comunità cinese.
Oltre ad augurare ogni male possibile ai due autisti, uno dei quali aveva addirittura contattato la famiglia di Yueyue per concordare una compensazione economica in cambio di una latitanza serena ed indisturbata, è nato su Weibo un movimento virtuale spontaneo dietro l'hashtag "Fermiamo l'indifferenza".
Un'indifferenza che sul web sembra imputabile a molteplici fattori: l'egoismo e la rincorsa al denaro della società cinese contemporanea, il timore di intervenire rischiando di essere in seguito incolpati di un reato non commesso – con conseguente compensazione da pagare alla famiglia della vittima, copione già messo in atto altre volte nel passato recente – la poca fiducia nel sistema legale cinese.
Altrove, sui media tradizionali, si discute invece della mancanza di una legge che tuteli chi aiuta estranei in difficoltà, la "Good Samaritan law", mentre si sprecano gli editoriali di rammarico per una società cinese mostruosa ed irriconoscibile, "da brividi", come la descrivono sul China Youth Daily.
I netizen se la prendono principalmente coi 18 passanti, accusati di "apatia", in uno spirito di immedesimazione che trova nei polpastrelli contro i tasti di un laptop il proprio medium ideale.
La Cina sembra domandarsi come sia possibile, in casi come questo, spostare lo sguardo e non intervenire: è un esercizio che tutti noi abbiamo fatto almeno una volta - i barboni che muoiono al freddo nei nostri inverni, il video del morto ammazzato dalla camorra fuori dal tabaccaio, il cadavere ritrovato in spiaggia - e che aiuta a marcare una linea invisibile ma netta tra la nostra coscienza e una realtà emotivamente incomprensibile.
Sicuramente il menefreghismo sociale ha raggiunto in Cina proporzioni enormi, ed attribuirne la colpa ad un modello di società basato sulla corsa al denaro, o sulla preservazione del denaro, non rende giustizia ai cinesi di oggi.
Una risposta potrebbe essere la paura. Se la bambina fosse stata investita da un'auto della polizia? O dal figlio di un quadro locale del Partito? E se la famiglia chiede a me i danni? Vale la pena di rischiare?
Queste probabilmente sono alcune delle domande passate per la testa dei 18 passanti di Foshan: domande istintive figlie di un timore diffuso delle istituzioni, che il cittadino cinese conosce abbastanza bene – per esperienza diretta o per sentito dire – da non volerci aver nulla a che fare, e di una diffidenza verso il prossimo, identificato sempre più spesso come un personaggio minaccioso e in cerca di un'occasione per fregarti.
La lotta all'apatia dovrebbe partire proprio dal timore verso il prossimo, combattendo l'istinto di delegare al diciannovesimo passante il compito di soccorrere una bambina morente di due anni, un passante più coraggioso e, per molti cinesi, forse più scemo.
Il grande malato d'Asia stavolta non è la Cina, ma la società cinese: una società dove, per timore, si delega tutto. Anche le buone azioni.
di Matteo Miavaldi
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