Pechino, 28 mar.- Baidu pianta una nuova bandierina nella sua strategia di conquista del web: il più importante motore di ricerca cinese ha annunciato ufficialmente il progetto per lo sviluppo di un browser autonomo, una mossa che metterà il colosso internet del Dragone in diretta concorrenza con Microsoft Explorer e Chrome, sviluppato da Google.
L'annuncio ha avuto un effetto immediato sui titoli della società, quotata all'indice NASDAQ, che venerdì scorso ha registrato un aumento dell'1.1% presso la borsa di New York chiudendo a 134.92$, il livello più alto raggiunto finora. Il titolo era cresciuto di valore anche nei sei giorni precedenti guadagnando il 12% in una settimana, l'aumento più consistente degli ultimi sei mesi.
Secondo le statistiche elaborate da Analysis International, nell'ultimo trimestre Baidu si conferma il motore di ricerca preferito dai cinesi con un 75.5% del totale del mercato, un ulteriore avanzamento rispetto al 73% dei tre mesi precedenti. David Li, il CEO di Baidu, sta sperimentando nuove strategie per allargare il business della società al di là del semplice motore di ricerca, espandendosi in settori come i video sul web e il social networking. "Stiamo effettuando i test del nuovo browser internamente, sugli impiegati" ha dichiarato Kaiser Kuo, il portavoce della società, senza specificare quando il nuovo servizio verrà presentato al pubblico. Lo stesso Kaiser Kuo, la scorsa settimana, non aveva né confermato né smentito le voci secondo le quali Baidu starebbe lavorando anche a un sistema operativo per telefoni cellulari (questo articolo).
La battaglia per conquistare il primo mercato internet del mondo prosegue: a fine dicembre gli internauti cinesi erano 450 milioni - contro i 137 milioni di soli quattro anni fa- e la crescita sembra inarrestabile.
In gioco non ci sono solamente enormi interessi economici, ma anche il peso dell'informazione in un paese che ha dimostrato di non tollerare interferenze esterne: il braccio di ferro tra Google e il governo cinese si è arricchito la scorsa settimana di un nuovo capitolo, quando il colosso internet di Mountain View ha accusato Pechino di bloccare l'accesso al servizio di posta Gmail. "Accuse inaccettabili" ha risposto il portavoce del ministero degli Esteri Jiang Yu; risposta identica a quella fornita lo scorso anno, quando Google lamentò un sofisticato attacco hacker proveniente dalla Cina che spinse il motore di ricerca californiano a divincolarsi dall'autocensura imposta sul web cinese. Nel marzo del 2010 Google dirottò il traffico su Google.com.hk, la versione di Hong Kong che rende accessibili ai navigatori cinesi anche i contenuti sgraditi al governo di Pechino, ma la mossa si è rivelata poco più di un bel gesto, dato che le pagine proibite continuano ad essere bloccate dai filtri della censura del Dragone. Da allora la società californiana ha perso quote di mercato (19.6% del totale nell'ultimo trimestre, contro il 21.6% dei tre mesi precedenti) e si è attirata l'ira della stampa cinese, che la definisce un mero strumento di propaganda dei "valori occidentali".
Intanto la censura sulla Rete è diventata ancora più severa, dopo che nelle ultime settimane un gruppo anonimo di dissidenti aveva diffuso via internet una serie di appelli alla protesta contro il governo: i software VPN, che consentono di eludere i filtri imposti da Pechino, risultano sempre più difficili da impiegare e si registrano ritardi e blocchi nello scambio di mail. La battaglia per il primo mercato internet del mondo è anche la battaglia per il controllo di 450 milioni di opinioni, idee e consensi.
di Antonio Talia
© Riproduzione riservata