ATTIVISTA YAO LIFA SPARITO DOPO IL RILASCIO
ADV
ADV
ATTIVISTA YAO LIFA SPARITO DOPO IL RILASCIO

ATTIVISTA YAO LIFA SPARITO DOPO IL RILASCIO

Politica interna
ATTIVISTA YAO LIFA SPARITO DOPO IL RILASCIO
di lettura

Pechino, 6 set.- Yao Lifa è di nuovo sparito nel nulla. L'attivista per i diritti umani rilasciato appena due giorni fa, è uscito di casa lunedì mattina per recarsi a lavoro e non vi ha più fatto ritorno. Lo rende noto la moglie Feng Ling che racconta di aver ricevuto a metà mattina una telefonata dal marito in cui la avvertiva che non sarebbe tornato a pranzo. Poi, nessun altro contatto, e ora Ling teme che Yao sia stato arrestato di nuovo.

 

L'uomo - 53 anni, insegnante di scuola elementare di Qianjiang, nella provincia dell'Hubei, e attivista - era stato sequestrato dalla polizia cinese il 20 giugno scorso per cause ancora da chiarire e detenuto per più di 10 settimane fino al suo rilascio avvenuto in seguito al ricovero per un'infiammazione della cistifellea. Ma per Feng Ling il motivo della detenzione è chiaro: la mossa era mirata a bloccare la corsa di Yao alle elezioni distrettuali previste per l'estate. Nome già noto nel panorama politico di Qianjiang per aver vinto nel 1999 una poltrona come candidato indipendente alle elezioni locali per il congresso popolare, l'attivista, sostengono in molti, avrebbe di sicuro raccolto consensi.

 

A due settimane dal sequestro - ha raccontato ancora la donna il cui telefono è irraggiungibile da ieri pomeriggio - Yao riuscì ad evadere dal luogo in cui era trattenuto lanciandosi dal secondo piano. Una caduta che gli procurò un grave colpo alla spina dorsale. Il 6 agosto, l'uomo fu ritrovato e catturato da alcuni agenti in borghese mentre si trovava nascosto a casa di un amico. Yao fu allora trasferito in un ostello presso il giacimento petrolifero di Jianghan a Qianjiang. Nei due mesi successivi l'attivista si è visto negare le cure per la frattura delle vertebre, ed è stato sottoposto ad una sorveglianza attiva 24 ore su 24. Niente  libri, tv, e soprattutto cibo razionato: "gli veniva servito solo due volte al giorno e le porzioni erano all'circa un terzo di una normale" ha spiegato la moglie. Una dieta che è costata all'uomo 10 chili e problemi di stomaco.

 

E il giro di vite sui dissidenti messo in atto dal governo cinese, che ha visto finire nelle sue maglie anche l'archistar Ai Weiwei,  non risparmia nemmeno i familiari. E' il caso di Chen Kesi - figlia dell'attivista e avvocato Chen Guangcheng, attualmente agli arresti domiciliari – cui è vietato uscire di casa per recarsi a scuola. Non solo. Alla bambina di appena sei anni è stata negata anche l'istruzione in casa. Secondo He Peirong, attivista e amico di Chen, lo scorso febbraio la polizia fece piazza pulita di qualsiasi libro e giocattolo si trovasse in casa. "E'stato violato il diritto all'istruzione della bambina. Chen e sua moglie sono molto preoccupati, l'educazione della figlia è molto importante per loro" ha riferito He.

 

Chen, ormai noto in tutto il mondo, era stato scarcerato lo scorso settembre dopo aver scontato 4 anni di  prigionia. Accusato di  "incitazione alla sovversione", l'uomo era finito in manette per aver portato all'attenzione pubblica diversi episodi di aborto in stato avanzato e sterilizzazioni forzate imposti alle donne da parte di alcuni funzionari della provincia cinese dello Shandong. Una prassi molto diffusa tra le autorità delle circoscrizioni locali che cercano così di mantenere le quote-nascita al di sotto della soglia annuale fissata dal governo centrale nell'ambito della politica del figlio unico. A febbraio Chen denunciò attraverso un video i metodi da hooligans usati dalla polizia cinese per mettere il bavaglio ai difensori dei diritti umani e per farlo l'uomo attinse direttamente dalla sua esperienza con la "detenzione soft" come il governo cinese definisce gli arresti domiciliari (questo articolo). Un giro di vite che si è fatto ancora più stretto in seguito alle Proteste dei Gelsomini del febbraio scorso (questo dossier).

 

Intanto la lotta contro i dissidenti si sposta nelle stanze del governo da dove la settimana scorsa è stata avanzata una proposta di legge che legalizzerebbe i sequestri (questo articolo). A questo proposito, si legge sul Legal Daily che nei casi riguardanti la sicurezza nazionale, terrorismo o seri episodi di corruzione, l'accusato o il sospettato potranno essere messi sotto sorveglianza "in una residenza diversa dal proprio domicilio" per un periodo non superiore ai sei mesi, qualora la sorveglianza presso la casa del sospettato o accusato possa intralciare le indagini. Inoltre, quando il sospettato o accusato in questione verrà messo sotto sorveglianza "in una residenza diversa dal proprio domicilio", la famiglia verrà prontamente informata entro 24 ore.

 

A meno che, specifica la proposta d'emendamento, le autorità non riescano a raggiungere la famiglia o tale notifica non rischi – nuovamente – di intralciare le indagini. La proposta ha già attirato le critiche di molti i quali ritengono che la normativa servirà solo a rendere legali le sparizioni dei cittadini, dissidenti in testa.

 

di Sonia Montrella

 

©Riproduzione riservata

 

 

 

ADV
ADV