Roma, 25 mar.- Liu Xianbin è già un 'caso chiuso': l'attivista pro-democrazia sconterà i prossimi 10 anni in cella. A stabilirlo è stata la Corte giudiziaria di Suining, nella provincia del Sichuan, che ha dichiarato l'uomo colpevole di sovversione ai danni dello stato. A procurare a Liu una condanna così severa sono stati una serie di articoli on-line, redatti tra aprile del 2009 e febbraio 2010, in cui il dissidente chiedeva al Partito, tra le altre cose, maggiore apertura e rispetto dei principi democratici. Le autorità hanno ritenuto gli appelli "oltraggiosi" e "volti a diffamare la leadership del PCC e a rovesciare il sistema socialista" fanno sapere dal Chinese Human Rights Defender, gruppo con base in Cina che si batte per la difesa dei diritti umani. "Liu Xianbin non è colpevole di nulla e non sarebbe mai dovuto essere arrestato per aver espresso la propria opinione" ha dichiarato Catherine Baber, vice direttore della sezione Asia Pacifica di Amnesty International.
L'uomo non è infatti al suo primo arresto: Liu, sulle cui spalle pesava sempre la stessa accusa, ha scontato in carcere quasi 10 anni; rilasciato nel novembre del 2008 è poi tornato in cella a giugno dello scorso anno. Ad 'aggravare' il quadro giudiziario, il fatto che Liu sia stato il fondatore del Partito democratico cinese; uno dei 300 firmatari del manifesto Charta 08 – il documento nel quale si chiedeva una riforma in senso democratico dello stato cinese e l'abolizione del regime a partito unico – e il fatto di aver preso parte alle proteste di piazza Tian'anmen nel 1989 . Durante il processo - ha riferito sua moglie Cheng Mingxian, presente in tribunale - all'attivista quarantatreenne non è stato concesso diritto di replica né modo i difendersi. L'uomo si è visto inoltre negare per mesi un legale.
Per accuse come quelle che gravano su Liu, la legge cinese prevede una detenzione della durata di 5 anni, estendibile se in presenza di reati molto gravi. La pena inflitta al dissidente è la più lunga dopo quella di 11 anni che l'attivista e premio Nobel per la Pace 2010 Liu Xiaobo (questo articolo) sta scontando dietro le sbarre. Segno, questo, che le critiche della comunità internazionale sorte in seguito alla vicenda Liu Xiaobo e le recenti timide imitazioni cinesi delle Rivolte dei Gelsomini – prontamente fatte rientrare dalla polizia cinese (questo dossier) – non solo non hanno ottenuto i risultati sperati, ma hanno innalzato il livello di guardia del governo. Ne è convinto anche Wang Songlian, coordinatore di Chinese Human Right Defenders: "La severità della pena di Liu è il segno della stretta messa in atto dal governo in seguito agli inviti apparsi sul web ai raduni dei Gelsomini". La mano pesante della giustizia cinese non sembra dunque lasciare alcuno spazio a espressioni di pensiero che possano minacciare l'unità del Partito o mettere in discussione l'operato del governo.
Ma se è vero che i Gelsomini abbiano finito per gettare ulteriore benzina sul fuoco, è anche vero che la mossa delle autorità giudiziarie non rappresenta di certo una novità e quello di Liu, seppur particolarmente grave, è solo l'ultimo caso di persecuzione di un dissidente pro-democrazia, una lunga lista in cui, insieme a quello di Liu Xianbin, spiccano i nomi di Liu Xiaobo e Chen Guangcheng (questo articolo).
di Sonia Montrella
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