ATTIVISTA CHEN WEI CONDANNATO A 9 ANNI

Pechino, 23 dic.- L'attivista per i diritti umani Chen Wei sconterà in cella i prossimi 9 anni. Lo ha deciso venerdì la corte di giustizia di Suining, nella provincia del Sichuan che, dopo un processo durato 2 ore e mezza, ha condannato il dissidente per "sovversione ai danni dello stato". Secondo Liang Xiaojun, uno degli avvocati del dissidente, a 'inchiodarlo' sarebbero stati 26 articoli, scritti da Chen dal marzo del 2009 al gennaio del 2011 e pubblicati sul web, in cui l'attivista critica il governo cinese, il modello a partito unico e preme per una maggiore libertà di espressione. Le autorità del Sichuan lo avevano imprigionato lo scorso marzo accusandolo di aver diffuso su internet un appello che incitava a partecipare al raduno dei Gelsomini (questo dossier). "Gli articoli sono censurati in Cina. E' possibile scaricarli solo da siti esteri. Qui nessuno può leggerli, ma secondo le autorità hanno comunque un impatto negativo sulla società cinese" racconta Wang Xiaoyan, moglie dell'attivista presente in aula. "Il processo di oggi è stato solo una messa in scena. Era già tutto deciso e a nessuno è stato concesso il diritto di parlare" ha aggiunto la donna. "Tuttavia mio marito ha fatto sapere al suo avvocato che non intende ricorrere in appello" ha poi aggiunto.
"Non sono colpevole. La democrazia prevarrà" ha commentato Chen Wei, 42 anni, tra i dissidenti in manette per il giro di vite innescato dai "Raduni dei Gelsomini" organizzati a febbraio Pechino e Shanghai sulla scia dei movimenti arabi. Una partecipazione che in poco più di un mese è costata la libertà ad oltre 50 attivisti, finiti in cella o ai domiciliari con l'accusa di "voler rovesciare l'ordine pubblico". Per colpe di questo genere, la legge cinese prevede una detenzione della durata di 5 anni, estendibile se in presenza di reati molto gravi. E' questo, a quanto pare, il caso di Chen Wei, tra le altre cose, noto esponente del movimento weiquan, nato negli ultimi 10 anni che riunisce avvocati, esperti legali e intellettuali che si battono per la protezione dei diritti dei cittadini entro i confini tracciati dalla legge cinese. Nel 'curriculum' di dissidente di Chen figurano la firma del manifesto Charta 08 - il documento ideato dal premio Nobel per la Pace 2010 Liu Xiaobo nel quale si chiedeva una riforma in senso democratico dello stato cinese e l'abolizione del regime a partito unico - e la partecipazione alle proteste di Tian'anmen dell''89, in seguito alla quale fu arrestato e detenuto per più di un anno nella prigione Qincheng di Pechino. Nel 1992, si legge sul New York Times, Chen Wei tornò in carcere e vi restò per più di 5 anni per aver tentato di organizzare una commemorazione per le vittime della strage di Tian'anmen.
Precedenti, questi, che – secondo Huang Qi, avvocato per i diritti umani e amico di Chen, non sono passati inosservati all'occhio dei giudici che avrebbero usato il caso come deterrente. "Il partito gestisce sempre questi casi con una mano leggera e un'altra pesante. Alcuni dissidenti sono stati rilasciati, ma Chen era già stato condannato in precedenza e la sentenza non poteva che essere pesante" ha spiegato Huang. Quella di Chen Wei è la sentenza più dura degli ultimi tempi dopo quella di Liu Xiaobo che sconterà in cella 11 anni (questo articolo), e dell'attivista Liu Xianbin , condannato a febbraio a 10 anni di reclusione (questo articolo)
di Sonia Montrella
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