Pechino, 21 nov.- Al vertice Asean, Obama si aggiudica la partita contro Pechino giocata nel Mar Cinese meridionale. Ne sono convinti esperti di geopolitica e osservatori secondo cui le mosse del presidente degli Stati Uniti al vertice di Bali tra i leader dell'associazione che riunisce le nazioni del sudest asiatico, sono servite a riaffermare la leadership di Washington nell'Asia-Pacifico. Dopo aver inserito nell'agenda indonesiana del summit la questione delle dispute territoriali nel Mar Cinese Meridionale contro il volere della Cina - Pechino aveva già reso noto che per risolvere quel complesso rebus geopolitico che agita il Mar Cinese Meridionale preferisce intavolare trattative bilaterali separate con i singoli Stati coinvolti, senza trattare l'argomento nel corso del vertice - il presidente degli Stati Uniti ha tenuto un lungo colloquio con il premier Wen Jiabao.
Un incontro durato circa un'ora incentrato yuan, commercio e, naturalmente, rivendicazioni territoriali sul Mare del Sud della Cina; temi caldi delle relazioni sino-americane e principali cause di tensione tra l'Aquila e il Dragone. Tensioni che hanno fatto dire al consigliere per la sicurezza nazionale, Tom Donilon, presente al colloquio insieme al segretario di Stato Usa, Hillary Clinton, che il rapporto tra Pechino e Washington "è molto complicato e piuttosto sostanzioso" su molte questioni. Donilon ha parlato di "un buon confronto" in cui Obama ha ribadito la volontà degli Usa - il cui scopo principale è quello di contenere l'ascesa cinese e garantire la libertà di navigazione - di aumentare la presenza nella regione dell'Asia e del Pacifico. Una posizione che ha più volte in passato fatto infuriare il Dragone secondo cui debba essere escluso l'intervento di qualsiasi stato straniero nella complessa disputa territoriale in corso nelle acque della regione. "Gli Stati Uniti sono un attore importante in Asia dopo la Seconda guerra mondiale", ha affermato il sottosegretario agli Esteri cinese, Liu Zhenmin dopo il colloquio, "siamo pronti a cooperare con loro nella regione".
Ma secondo gli analisti, la tensione tra le prime due potenze al mondo è destinata a salire ancora. "Il fatto che i leader dell'Asean abbiano accettato di discutere delle acque agitate del Mar Cinese Meridionale rappresenta di sicuro una vittoria diplomatica per gli Usa e uno schiaffo per Pechino la cui posizione è stata ignorata da gran parte delle nazioni presenti a Bali" spiega Shi Yinhong, esperto di sicurezza regionale all'Università Renmin di Pechino.
Tuttavia domenica, nel corso della visita di stato in Brunei - tra i paesi che reclamano la territorialità nel Mar Cinese Meridionale - lo stesso Wen Jiabao ha definito l'esito del vertice Asean un successo. "E' stata mantenuta la direzione dello sviluppo solidale e della cooperazione. Per questo può essere definito un incontro di successo". Poi, secondo quanto riportato da Phoenix Television, il premier ha dichiarato che la Cina desidera cooperare con il Brunei per condurre delle esplorazioni di gas e petrolio nel Mar Cinese meridionale.
La Cina avanza di gran lunga le rivendicazioni territoriali più ampie su queste acque, che si reputano ricche di petrolio e gas. Nel corso degli ultimi mesi Pechino ha fronteggiato diverse volte con le sue navi le imbarcazioni vietnamite e filippine che cercavano di condurre esplorazioni nell'area alla ricerca di risorse energetiche: il 9 giugno scorso, ad esempio, Hanoi aveva denunciato la condotta di una nave cinese, colpevole - secondo la versione fornita - di uno sconfinamento mirato a tranciare i cavi di esplorazione posti ad alta profondità dal Vietnam. Rimasto intrappolato, l'equipaggio cinese aveva richiamato sul posto altre due navi di Pechino, che avevano circondato la nave vietnamita. All'inizio di marzo si erano verificati incidenti simili con le Filippine: una nave che stava conducendo esplorazioni in un'area contesa nella Reed Bank, al largo delle Isole Spratly, era stata circondata da due imbarcazioni militari cinesi; Manila aveva reagito inviando alcuni aerei nella zona. Le Filippine hanno lamentato negli ultimi mesi almeno cinque sconfinamenti, e sia Manila che Hanoi hanno espresso lamentele formali all'ONU.
Ma nella partita non sono coinvolte solamente Cina, Vietnam e Filippine: anche Taiwan, Brunei e Malaysia sono impegnate a rivendicare le acque intorno alle Isole Paracel e alle Isole Spratly, e a contendersi la sovranità sul gas e il petrolio dell'area. A complicare ulteriormente la questione c'è l'ingresso dell'India, che pochi mesi fa si è affiancata al Vietnam per fornire ad Hanoi le tecnologie necessarie all'esplorazione, suscitando l'ira di Pechino.
di Antonio Talia
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