Pechino, 23 nov. - È duello sull'apprezzamento dello yuan tra il Premio Nobel per l'Economia Paul Krugman e il fondatore e direttore della casa di consulting China Market Research Group Shaun Rein, tra i più noti esperti di economia cinese. In un articolo comparso sulle pagine del New York Times , di cui Krugman è editorialista, il Nobel aveva recentemente puntato il dito contro la sottovalutazione dello yuan, e chiesto al governo USA di esercitare maggiori pressioni su Pechino per ottenere una valuta cinese più forte. Ma l'altro statunitense, in uno scritto pubblicato da Forbes ,sostiene che un eventuale apprezzamento dello yuan/renminbi metterebbe a repentaglio la ripresa mondiale. "Nonostante quanto sostiene Krugman, cioè che uno yuan più forte ridurrebbe il deficit commerciale americano a aiuterebbe la ripresa, per gli Stati Uniti è meglio che la Cina mantenga gli attuali tassi di cambio, in attesa di basi più solide per una ripresa" scrive Rein. Secondo il capo di China Market Research Group un apprezzamento dello yuan risucchierebbe miliardi di dollari dal potere d'acquisto del consumatore americano, "un'eventualità che non comporta grandi occasioni di letizia per le feste di Natale in arrivo". Agli scritti di Rein è stato dato ampio spazio sulla stampa di Pechino, che deve difendersi da più parti dall'accusa di mantenere artificialmente bassi i tassi di cambio della sua divisa. Lo yuan, che non è convertibile, è vincolato dal 2005 a un paniere di valute internazionali in cui il dollaro fa la parte del leone, e precedentemente è stato legato al solo biglietto verde per dieci anni. Nel periodo tra il 2005 e il 2008 la moneta si era effettivamente rivalutata del 21.8%, ma con l'irrompere della crisi globale le autorità cinesi hanno ridotto la fluttuazione della valuta, ancorandola di nuovo, di fatto, a quella statunitense. A fare le spese di questa sorta di diarchia dollaro-yuan sarebbe, com'è ovvio, l'euro, che rischia di apprezzarsi oltremisura: i tre responsabili della politica economica dell'Unione europea, Jean- Claude Juncker, Jean Claude Trichet e Joaquin Almunia avevano annunciato il mese scorso che avrebbero visitato Pechino "entro la fine dell'anno", lasciando intuire che all'ordine del giorno ci sarà proprio l'apprezzamento della moneta cinese.