ANP, NEL 2012 CRESCITA AL 7,5%, INFLAZIONE AL 4%

ANP, NEL 2012 CRESCITA AL 7,5%, INFLAZIONE AL 4%

 

di Sonia Montrella

 

Roma, 5 mar. – Microfoni accesi e riflettori puntati sulla Grande Sala del Popolo dove sono di scena le Due Sessioni: la Conferenza Politica Consultiva e l'Assemblea Nazionale del Popolo (il Parlamento cinese), gli appuntamenti più importanti dell'agenda politica cinese. Due sono anche i numeri 'fortunati' del Dragone per il 2012: crescita economica al 7,5% e inflazione al 4%. Lo ha annunciato il premier Wen Jiabao nel corso del suo annuale rapporto sugli obiettivi per l'anno in corso e sullo stato di salute del Paese.

 

Per il premier, la minaccia posta dai debiti dei governi locali e il surriscaldamento del prezzi delle case sono stati tenuti sottocontrollo; l'economia si è dimostrata robusta e "il benessere della popolazione sta crescendo". Tuttavia non è il momento di abbassare la guardia: "Rafforzeremo le misure volte a scoraggiare le speculazioni nel settore immobiliare allo scopo di regolare il mercato e tenere a freno i prezzi delle case" ha detto Wen ai 3.000 delegati presenti in sala arrivati dai quattro angoli della Cina per ascoltare il rapporto annuale e proporre eventuali modifiche. Scenario che, tuttavia,  non si è mai verificato tanto che i critici parlano di "Parlamento timbratura".

 

Ma questo è anche il momento in cui l'economia cinese ha bisogno di respirare. Come?  Rallentando il ritmo della crescita fino al 7,5%, tetto medio previsto dal Piano Quinquennale 2011-2015, e stimolando la domanda interna. "Il nostro obiettivo  è quello di  promuovere uno sviluppo robusto ed equilibrato, tenere i pezzi stabili e mantenere alta la guardia contro i rischi finanziari, con un approccio cauto e flessibile". Se la crescita si attestasse davvero al 7,5%, il Dragone tornerebbe al livello più basso dal 1990. 

 

Ma per Wen Jiabao la priorità per l'anno in corso è quella di "accrescere la domanda dei consumatori" in modo da ridurre la dipendenza del Gigante Asiatico dagli investimenti e dall'import-export, che – causa la crisi del debito che ha colpito i maggiori partner commerciali della Cina – è destinato a passare dal 24% del 2011 al 10%. "Vogliamo riequilibrare i redditi e aumentare le entrate delle classi medie e quelle meno agiate le quali, al momento, non sono in grado di contribuire alla crescita della domanda interna". Di questa fetta della popolazione fanno parte soprattutto i contadini e i lavoratori migranti i cui stipendi vengono spesi quasi del tutto per la sussistenza e per far fronte a eventuali emergenze sanitarie. Un traguardo che però, per alcuni analisti non è raggiungibile quest'anno: "I consumi non cresceranno: il settore statale continua a espandersi, mentre quello privato è in sofferenza e il gap degli stipendi è sempre più ampio" ha riferito al New York Times Stephen Green, economista della Standard Chartered Bank. "Questo non è l'anno del bilanciamento" ha aggiunto.

 

Il 2012 è però, senza dubbio, l'anno del cambio della guardia ai vertici di Zhongnanhai, il quartier generale del PCC. Secondo i pronostici, a occupare le sedie vacanti di Hu Jintao e Wen Jiabao, in 'scadenza' in autunno, saranno Xi Jinping e Li Keqiang. Quanto ai nomi dei sostituti degli altri sette membri del Comitato del Politburo bisognerà attendere novembre.  Da piazza Tian'anmen non filtra alcuna indiscrezione e ai politici riuniti in questi giorni per l'Assemblea Nazionale Popolare è stato espressamente vietato parlare della successione. "Questo è il periodo del silenzio. Tutto avviene dietro le quinte" ha detto Yang Zhaohui, politologo dell'Università di Pechino.

 

Tuttavia, nonostante il massimo riserbo, l'appuntamento di quest'anno si preannuncia essere il più seguito degli ultimi anni. Complici senz'altro le vicende a tinte fosche di Wang Lijun: il superpoliziotto braccio destro di Bo Xilai sotto inchiesta dopo che nella notte tra il 7 e l'8 febbraio scorso, si era rifugiato nel consolato americano di Chengdu per chiedere asilo politico. Secondo molti la vicenda di Wang, la cui sedia all'ANP è rimasta vuota, rimescolerà le carte in tavola per Bo Xilai, segretario del partito di Chongqing e i tra i leader in ascesa verso il Comitato Permanente del Politburo, il gotha della politica cinese.

 

Nel fine settimana un altro tassello si è aggiunto al puzzle Made in Chongqing: Li Jun, businessman tra i più ricchi della megalopoli a capo della Chongqing Junfeng Industrial Development Group, in fuga per 16 mesi dopo essere stato arrestato e torturato, si è scagliato contro la triade di Chongqing.  Per Li Jun, la campagna anti-corruzione messa in atto da Bo Xilai e da Wang Lijun è un "terrore rosso". "Il sistema di governo di Chongqing più che un modello è un'enorme catastrofe" ha dichiarato l'uomo al Washington Post sostenendo di essere stato  vittima di un complotto durante il quale è stato accusato dei crimini più disparati. Una messa in scena in cui, a detta dell'uomo, non è caduto solo lui, ma anche otto dei suoi parenti. E sul caso Wang Lijun, il fuggitivo non ha dubbi: "Wang ha avuto una lite con Bo Xilai e, preoccupato per la sua sorte, è scappato al Consolato americano di Chengdu. Dopo una notte lì ha deciso di consegnarsi alle autorità di Pechino anziché a quelle di Chongqing. Perché? Non voleva morire". Per ora le dichiarazioni di Li Jun sono rimaste al di fuori della Grande Muraglia,  e di sicuro non sono entrate nelle stanza di Zhongnanhai.

 

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