Ancora scontri nelle aree tibetane, vittime

Pechino, 25 gen.- Secondo giorno di scontri tra polizia cinese e manifestanti tibetani: secondo quanto riferisce il gruppo Free Tibet -basato a Londra- nella giornata di martedì altri due tibetani sono rimasti uccisi e diversi sono stati feriti nelle proteste più violente degli ultimi quattro anni.

 

Secondo il bilancio della Xinhua –agenzia ufficiale del governo cinese- la vittima sarebbe una sola, un tibetano morto sotto gli spari della polizia dopo che l'assalto alla caserma locale della contea di Seda aveva provocato il ferimento di quattordici agenti.

 

Il copione si ripete, e mentre le fonti ufficiali di Pechino e gli attivisti pro-Tibet si scatenano sulle cifre, dall'estero intervengono gli Usa e il "governo in esilio" dei tibetani di Dharamsala: i funzionari del Dipartimento di Stato americano si sono definiti "seriamente preoccupati" e hanno dichiarato che la questione verrà sollevata in occasione della visita del vicepresidente cinese Xi Jinping a Washington a metà febbraio. "Chiediamo al governo cinese di impegnarsi in un dialogo costruttivo col Dalai Lama o con i suoi rappresentanti per risolvere la situazione tibetana" si legge in un comunicato del Dipartimento di Stato.

 

Il leader spirituale dei tibetani non ricopre più ufficialmente una carica politica, e da Dharamsala, in India, il governo in esilio si fa sentire per bocca del primo  ministro Lobsang Sangay, che chiede l'intervento della comunità internazionale "per evitare altri bagni di sangue".

 

Ancora una volta le aree tibetane sono state completamente chiuse dalle forze dell'ordine, ed è impossibile visitarle per stabilire con esattezza cosa sia successo. Dalle diverse versioni si ricostruisce che i disordini si stanno propagando in varie zone della provincia del Sichuan, con una forte presenza della minoranza tibetana: dopo gli scontri di lunedì, avvenuti a Luhuo, martedì attorno  mezzogiorno è stato il turno di Seda. Free Tibet riferisce che i primi richiami alla protesta si sarebbero stati lanciati già il 21 gennaio scorso per bocca di due monaci. La polizia cinese è intervenuta con un massiccio dispiegamento di forze per bloccare la diffusione di comunicati che invitavano all'auto-immolazione, provocando le proteste in massa dei tibetani: le persone ferite dagli spari sulla folla di lunedì sarebbero una trentina, mentre non ci sono notizie precise sui feriti degli scontri di martedì né sulle voci di un terzo scontro, nella prefettura di Karze.

 

Lunedì Pechino è tornata ad accusare forze straniere" per le violenze: "I tentativi di gruppi secessionisti con base all'estero di usare il Tibet per distorcere la verità e gettare discredito sul governo non avranno alcun successo" ha dichiarato il portavoce del ministero degli Esteri di Pechino Hong Lei.

 

Dal marzo 2011 sono almeno una quindicina i tibetani che in queste zone si sono dati fuoco per protestare contro il governo cinese, e Pechino ha di nuovo sigillato la regione ai turisti stranieri: diverse agenzie di viaggi rendono noto che per il quinto anno consecutivo sarà impedito l'ingresso alle zone tibetane nel periodo che va dal 20 febbraio – nel quale si celebra il capodanno tibetano- al 30 marzo, anniversario degli scontri che nel 2008 insanguinarono la regione.

 

 

di Antonio Talia



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