Anche la Cina corre ai ripari sul cambio
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Anche la Cina corre ai ripari sul cambio

Anche la Cina corre ai ripari sul cambio

Politica monetaria. Sì di Pechino all'allargamento della fascia giornaliera di oscillazione dello yuan
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TOKYO. Dal nostro inviato
L'allargamento della fascia giornaliera di oscillazione dello yuan sarà con tutta probabilità il regalo che Joe Biden riceverà in occasione della sua visita di quattro giorni in Cina che inizia oggi, o poco dopo: sarà meno di quanto il vicepresidente americano non avrà remore a chiedere, ma comunque risulterà una mossa gradita. La "minirivalutazione" è diventata ben più che un gossip degli operatori dopo che ieri, in un editoriale di prima pagina, il China Securities Journal le ha dato un "endorsement" con il sapore dell'ufficialità. «Le condizioni sono mature perché la Cina allarghi in modo appropriato la fascia di trading tra lo yuan e il dollaro», scrive il giornale che fa capo all'agenzia Xinhua, elaborando la questione in termini di interesse nazionale. Il mantenimento di una banda di oscillazione giornaliera limitata allo 0,5% rispetto alla parità ufficiale – aggiunge – ha reso lo yuan non sufficientemente flessibile, facendolo diventare un target di speculazione e favorendo un eccessivo afflusso di liquidità che esaspera le pressioni inflazionistiche a danno dell'economia. Il giornale fa anche rilevare che negli ultimi mesi le esportazioni sono risultate superiori alle previsioni, il che attutisce ogni eventuale preoccupazione per gli effetti sul commercio estero. Un chiaro messaggio all'opinione pubblica, insomma, perché la piccola liberalizzazione in arrivo non sia interpretata come un cedimento a pressioni esterne, compresa quella di ieri del presidente della Banca Mondiale Robert Zoellick, che dall'Australia ha dichiarato positivo per la stabilità finanziaria internazionale un rafforzamento dello yuan. La banca centrale cinese sta già assecondando questa prospettiva e la scorsa settimana ha consentito che il cambio registrasse il più veloce apprezzamento dalla crisi finanziaria del 2008. Ieri, per il quinto giorno consecutivo, ha fissato la parità a un nuovo record (al livello di 6,3925). Secondo vari trader, lo yuan dovrebbe presto cominciare a rafforzarsi anche nei confronti di altre valute (tra cui l'euro), nei confronti delle quali – a causa della debolezza complessiva del biglietto verde – ha perso terreno proprio a causa del legame indirettamente mantenuto con il dollaro anche dopo il de-pegging del giugno 2010 (da allora si è rivalutato del 7% sulla divisa Usa ma ha perso il 4,5% su un paniere di altre valute). Del resto, in questo momento le pressioni al rialzo sono diffuse su quasi tutte le valute asiatiche, compreso il won sudcoreano e lo yen. Dopo le tappe in Cina e Mongolia, Biden si recherà a Tokyo, dove le autorità giapponesi cercheranno probabilmente di strappargli un velato consenso a eventuali nuovi interventi sul mercato dei cambi, dopo quello già effettuato invano il 4 agosto scorso (che non ha schiodato se non momentaneamente lo yen da un livello sotto 77 sul dollaro, vicino al record storico di 76,25). Ma Biden certo non potrà andare oltre qualche generica dichiarazione contro «eccessivi e disordinati» movimenti valutari, per non andare troppo in contraddizione con le sue pressioni su Pechino perché affidi alle libere forze del mercato la determinazione del cambio.
Intanto l'euro si rafforza nei confronti del franco svizzero: ieri ha toccato quota 1,14, mentre nei confronti del dollaro, dopo una fiammata a 1,4477 dollari, il massimo dal 27 luglio è sceso fino sotto soglia 1,44 dollari.
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17/08/2011
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