Allarme tutele per le Pmi italiane in Cina
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Allarme tutele per le Pmi italiane in Cina

Allarme tutele per le Pmi italiane in Cina

Studio dell'Ipr desk di Pechino. Solo il 42% delle aziende che operano nel Paese ha preso contromisure adeguate
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FIRENZE
Solo il 42% delle imprese italiane che vanno in Cina dichiara di aver tutelato il proprio marchio e solo il 20% lo ha tutelato anche in ideogramma; l'11% delle imprese poi non è a conoscenza delle procedure per la tutela della proprietà intellettuale. Sono alcune delle cifre che emergono dall'analisi del mercato cinese e delle aziende italiane che vorrebbero fare affari in quel Paese.
Eppure gli strumenti legislativi non mancano come evidenziato da uno studio dell'Ipr (Intellectual property rights) Desk di Pechino coordinato dal funzionario del ministero dello Sviluppo economico, Giovanni de Sanctis, che nell'ultimo anno e mezzo ha visitato 196 fiere e preso contatti con 1.461 imprese. Se da un lato è vero che la Cina è un mercato enorme, con 1,35 miliardi di abitanti e con 200 milioni di nuovi ricchi, è anche vero che le insidie sono presenti, anche se da quando nel 2001 la Cina è entrata nell'Organizzazione mondiale del commercio le tutele per chi ci lavora sono aumentate.
Per l'imprenditore italiano che vuole far affari in Cina è cruciale sapere tutto sul modo di salvaguardare il proprio nome perché non si possono adire azioni legali se il marchio, che prima di essere registrato è solo un nome, non è adeguatamente protetto. Nel 2011 sono state depositate domande in Cina per 1.633.347 brevetti e sono stati registrati 960.513 brevetti, ma nonostante da dieci anni Pechino sia il primo ufficio marchi al mondo, c'è ancora molto da fare come dimostrano i 128.949.654 di prodotti bloccati alla dogana per irregolarità varie.
Il monitoraggio delle imprese italiane in Cina mostra che il 29,54% è alla prima presenza su quel mercato e il 24,67% dichiara di aver rivelato casi problematici riguardo al diritto d'autore, alcune addirittura si sono accorte solo dopo diverso tempo di essere state copiate. Solo il 5,6% di imprese italiane già presenti in fiera, sa come presentare reclami in Cina riguardanti le violazioni.
I cinesi hanno fame d'Italia, tanto da essersi inventati marchi dal nome italiano, ma che di nostrano non hanno niente, se non il prezzo, eccessivamente alto da boutique di lusso. Praticano una forma agguerrita di concorrenza e sostituendosi agli imprenditori italiani. A questi non resta che tutelarsi e farsi aiutare dalle varie istituzioni: dall'ambasciata italiana a Pechino, alla delegazione Ue in Cina, dalla Camera di commercio Italiana in Cina, all'Agenzia delle Dogane fino al Progetto China Ipr Sme helpdesk dell'Unione Europea.
© RIPRODUZIONE RISERVATA

02/02/2012
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