Al volante la strana coppia Cina-Usa
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Al volante la strana coppia Cina-Usa

Al volante la strana coppia Cina-Usa

Scenari. A sostenere la ripresa dei volumi nel 2012 saranno i primi due mercati mondiali con 3,2 milioni di auto in più
di lettura
Anche se la maggior parte di gennaio è già alle spalle, siamo forse ancora in tempo per fare previsioni su come andrà il 2012 per il settore auto. La buona notizia è che le vendite a livello mondiale cresceranno ancora; la notizia cattiva è che non cresceranno dovunque.
Un recente studio della banca Morgan Stanley, che riprende stime della Ihs Global Insight, vede un aumento complessivo da 70,5 a 73,7 milioni veicoli (+4,5%) distribuito in misura assai ineguale; i 3,2 milioni di auto in più saranno venduti per intero in due mercati: Cina (+1,8 milioni) e Stati Uniti (+1,4). Anche l'India crescerà (+320mila unità) e il Giappone segnerà un netto recupero (+641mila) dopo i disastri naturali del 2011. Le note dolenti (soprattutto per il gruppo Fiat) arrivano dal Brasile, previsto in calo di 175mila unità, e soprattutto dal l'Europa occidentale che gli analisti vedono in calo di quasi 1 milione di pezzi (-923mila) dai 12,8 milioni del 2011. Non tutti sono così pessimisti da vedere un calo del 7%: gli esperti di PriceWaterhouseCoopers, per esempio, puntano a un -6%; Carlos Ghosn, numero uno di Renault e Nissan, parla di un possibile ridimensionamento fra il 3 e il 5%; anche i più ottimisti, comunque, non si spingono oltre a un -3% che significherebbe pur sempre quasi 400mila unità in meno. Per l'Italia è previsto un calo dagli 1,75 milioni del 2011 a meno di 1,7. Molto dipenderà, naturalmente, dal l'evoluzione della crisi del debito in Europa.
La galassia Fiat
Usa ed Europa divergono dunque sull'onda delle diverse performance delle due economie; da questo punto di vista è provvidenziale per Fiat l'aquisizione di Chrysler, che permetterà di bilanciare l'attesa performance negativa in Europa. Anche Chrysler, tuttavia, non potrà ripetere la performance del 2011 – quando ha aumentato del vendite del 26% guadagnando oltre 1 punto percentuale di quota di mercato (dal 9,4 al 10,6 per cento). Oltre alla Dodge Dart appena presentata al Salone di Detroit non ci saranno altre novità di rilievo nella gamma: secondo il già citato report della Morgan Stanley, il gruppo Chrysler ha un tasso di rinnovo del 7% sommando le novità del 2011 e 2012 – il più basso fra i concorrenti sul mercato statunitense (salirà del 40% nel 2013).
Sergio Marchionne ha detto in occasione del Salone che «l'anno sarà difficile, ma Chrysler potrebbe comunque guadagnare quota di mercato». Molto più complicata la situazione in Europa, dove Fiat ha avuto insieme a Psa Peugeot Citroen la peggiore performance del 2011. Qui il Lingotto potrà disporre della nuova Panda, in arrivo sul mercato tra qualche giorno, e del monovolume (in codice L0) che verrà presentato a Ginevra, prodotto in Serbia e lanciato in autunno. Per una previsione più dettagliata sul gruppo torinese è necessario attendere il prossimo 1° di febbraio, quando il Lingotto diffonderà i risultati 2011 completi e aggiornerà le previsioni per l'anno appena iniziato.
Il Vecchio continente
Quanto al mercato europeo in generale, la frenata in arrivo renderà ancora più accesa la concorrenza. Partendo da un dato: nel 2011, in Europa, quasi nessuno è in grado di fare utili vendendo auto «normali». Ci riescono i produttori di auto di alta gamma, come Bmw e Mercedes, o di lusso come Ferrari o Rolls Royce. Secondo un recente studio degli analisti di Barclays sono in rosso Fiat, Opel, Peugeot e Renault, oltre alla giapponese Honda. È in perdita da tempo la Seat, filiale spagnola di Volkswagen; la stessa marca ammiraglia del maggior gruppo tedesco ha un margine complessivo inferiore a quello della cugina Skoda (6% contro 12,4% nei primi 9 mesi del 2011) e come Fiat trae giovamento dalla robusta presenza in Brasile; sempre secondo Barclays, il margine di Vw in Europa è stato l'anno scorso del 3,6%. Il motivo della bassa redditività generalizzata? Troppi modelli prodotti in troppe fabbriche, a caccia di un numero di clienti troppo basso. Gli investimenti che tutti i big hanno fatto negli ultimi 15 anni in Europa dell'Est, per assicurarsi basi produttive a basso costo, non sono stati accompagnati da chiusure di siti in Occidente, se non in misura limitata; tutt'al più i costruttori hano limato la capacità dei singoli stabilimenti, senza chiuderli.
La sovracapacità strutturale
Il risultato netto è stato un aumento della capacità in totale controtendenza rispetto al calo delle vendite, e una guerra di sconti già iniziata: per far "girare" le fabbriche può essere conveniente vendere in perdita, purché si coprano i costi variabili; ma proprio a Detroit Sergio Marchionne ha detto che ormai certi contratti non coprono neppure questi ultimi. Decisamente, la pausa di respiro dopo la crisi è stata di breve durata; e proprio questa situazione congiunturale spiega l'appello al consolidamento lanciato dallo stesso Marchionne a Detroit. Con un rischio: che proprio in un anno difficilissimo, gli inevitabili costi di un avvicinamento di due costruttori pesino ancor più sui loro bilanci, e che a festeggiare siano – come dice qualcuno in Borsa – soprattutto i loro concorrenti.
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24/01/2012
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