di Eugenio Buzzetti
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Pechino, 17 nov. - E' diventata ufficialmente operativa oggi la fusione delle Borse di Hong Kong e Shanghai. Il ponte tra i due mercati aveva ottenuto la scorsa settimana le autorizzazioni necessarie a partire, dopo il rinvio alle operazioni previsto inizialmente per il 27 ottobre scorso, e permetterà agli investitori stranieri di acquistare azioni sulla piazza di Shanghai e agli operatori cinesi di operare su Hong Kong. La prima seduta di contrattazioni con il nuovo ponte tra le due piazze azionarie ha visto protagonisti gli investitori stranieri che hanno investito su Shanghai raggiungendo il tetto giornaliero di acquisto di azioni, pari a 13 miliardi di yuan (1,69 miliardi di euro). Lo Shanghai Composite Index ha perso l'0,2% in chiusura , a 2474,01 punti, mentre l'indice Hang Seng di Hong Kong ha ceduto l'1,2%. L'annuncio del collegamento tra le due Borse aveva generato entusiasmo tra gli investitori nei giorni scorsi: l'11 novembre la Borsa di Shanghai aveva toccato i massimi dal novembre 2011, chiudendo in rialzo del 2,3%.
La nuova piattaforma comune di scambio permette a un numero maggiore di investitori l'accesso al mercato azionario cinese e di Hong Kong, ancora vincolato da uno schema, il Qualified Domestic Institutional Investors (QDII) che vincola l'accesso ai mercati azionari ad alcuni operatori selezionati. Lo Stock Connect tra le due Borse viene lanciato mentre Pechino punta a una maggiore liberalizzazione del suo mercato di capitali e arriva in un'altra giornata difficile della finanza cinese, segnata dal nuovo dato relativo ai bad loans nella pancia delle banche cinesi. I prestiti in sofferenza sono arrivati, nel terzo trimestre di quest'anno, al livello più alto dal 2005, secondo i dati della China Banking Regulatory Commission, l'auhority del settore bancario cinese.
A fine settembre, i non-performing loans hanno raggiunto quota 766,9 miliardi di yuan, a 100,1 miliardi di euro, in aumento di 72,5 miliardi di yuan (9,46 miliardi di euro) rispetto al dato di fine giugno. I crediti inesigibili hanno contato per l'1,16% dei prestiti nel periodo luglio-settembre, in lieve aumento rispetto al dato finale del secondo trimestre, all'1,08%, un segnale, secondo gli analisti, che la Cina sta ancora soffrendo dell'ondata speculativa che si è abbattuta sul sistema cinese a seguito del maxi-paccheto di stimoli messo in atto a fine 2008, e che potrebbe portare il governo a considerare l'eventualità, il prossimo anno, di tagliare le prospettive di crescita rispetto all'obiettivo del 7,5% fissato per quest'anno. Lo stesso presidente cinese, Xi Jinping, durante il vertice Apec, aveva spiegato che la crescita della Cina potrebbe scendere al 7% nei prossimi anni, spiegando il rallentamento come "nuova normalità" dell'economia cinese in fase di ristrutturazione, ma aveva sottolineato che il rallentamento della crescita non avrebbe dovuto generare preoccupazioni nella comunità internazionale sulla tenuta dell'economia nazionale.
17 novembre 2014
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