Pechino, 6 agosto- È ufficiale. Il governo promette di destinare a investimenti "low-carbon" fino al 2010 oltre il 15 per cento del pacchetto di stimolo di 4 trilioni di yuan (407 miliardi di euro) varato nel 2008. Un impegno gravoso per un Paese che sta affrontando un rapido processo di industrializzazione e di urbanizzazione – e con 150 milioni di abitanti che vivono con meno di due dollari al giorno – ''ma del quale ci facciamo carico per mostrare l'impegno concreto in materia ambientale'', ha dichiarato Yu Qingtai, il rappresentante ai colloqui sul cambiamento climatico. ''A sbarrare la strada ecologica sono i Paesi industrializzati che fanno mosse di superficie e non di sostanza. È necessario che entro il 2020 tutti riducano le emissioni del 40 per cento dal 1990'', ha detto alla vigilia della partenza - domani - per un round di incontri a Bonn prima dell'appuntamento delle Nazioni Unite a Copenhagen il prossimo dicembre. L'auspicio di Yu è che a Copenhagen si raggiunga un accordo sostitutivo del trattato di Kyoto che scadrà nel 2012. La Cina chiede insomma a gran voce la collaborazione dei Paesi industrializzati di fronte al mantenimento delle sue promesse. Dopo un calo del 10 per cento del consumo di energia per unità di GDP dal 2005, il Paese punta ora al traguardo del raddoppio per il 2010. Equivarrebbe a un totale di 1,5 miliardi di tonnellate di emissioni serra in meno. E se da un lato guarda al risparmio energetico e alla riduzione dell'inquinamento, dall'altro mira a un rapido sviluppo delle energie alternative. Anche in questo campo i progetti sono grandiosi. Nel 2010 le energie rinnovabili dovranno contare per il 10 per cento dell'output nazionale, nel 2020 per il 15 per cento. L'energia eolica dovrà diventare la terza fonte energetica – al posto della nucleare - dopo quella termale e idroelettrica. Del resto la Cina vanta già il primato mondiale - conquistato l'anno scorso - per produzione di energia idroelettrica e solare, ed è quarta per energia eolica. Spazio ideale per la sperimentazione delle energie verdi, le province rurali. Nei giorni scorsi la stampa locale si è sbizzarrita a raccontare le storie di contadini che vedono all'improvviso la loro vita cambiata grazie alle sperimentazioni del governo in materia ambientale. Ecco allora che in un piccolo paese nella provincia dello Shanxi i contadini cucinano con biogas autoprodotto, mentre nella sconfinata piana fra il Tibet e la provincia Qinghai il letame tradizionalmente utilizzato per ricavare energia sarà sostituito da case sperimentali che si autoalimentano: una serra raccoglie l'energia solare che viene poi ridistribuita nelle stanze. Certo, anche in questo caso il progetto è estremamente ambizioso. Se è vero che, con oltre 3 mila ore di sole l'anno, il Tibet è la provincia più adatta all'utilizzo delle energie alternative, bisogna anche considerare che uno stipendio medio mensile è di soli 150 yuan (circa 15 euro) e che la casa autoalimentata ne costa 40 mila. Nel 2007 il ministero della Scienza e della Tecnologia ha lanciato un progetto per la costruzione di ''edifici verdi'' per una superficie totale di 3,2 milioni di metri quadrati entro il 2012. Non può mancare, infine, uno sguardo all'estero, e in particolare a Stati Uniti ed Europa. Il quotidiano China daily dedica oggi un reportage alla spagnola Galicia, una delle regioni più attive a livello mondiale in termini di investimento diretto nelle energie rinnovabili. Le aziende cinesi hanno già gli occhi puntati.