Aiib: firmato accordo a Pechino, a Cina il 30,3%

Di Eugenio Buzzetti

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Pechino, 29 giu. - Nuovo passo in avanti per la Asian Infrastructure Investment Bank, la banca di investimenti asiatica a guida cinese. I rappresentanti di cinquanta dei 57 Paesi che aderiscono all'Aiib hanno firmato oggi alla Grande Sala del Popolo di Pechino l'accordo quadro della fondazione della nuova banca asiatica a guida cinese. L'accordo, composto da sessanta articoli, stabilisce la struttura di governance del nuovo soggetto finanziario - che avrà un capitale autorizzato di cento miliardi di dollari - le quote di ciascun membro e i meccanismi decisionali del gruppo. A rimanere esclusi sono i Paesi che devono ancora ratificare in patria gli accordi necessari all'ingresso nell'Aiib: Danimarca, Kuwait, Malaysia, Filippine, Polonia, Sudafrica e Thailandia.

La Cina è il primo azionista della banca, con una quota del 30,34% e una quota di voto all'interno del board della banca del 26,6%. Seguono a netta distanza, l'India con una partecipazione dell'8,52% e una quota del 7,5% e la Russia, terzo azionista con il 6,66% e un percentuale di voto del 5,92%. In generale, i membri regionali, ovvero i Paesi asiatici, detengono una partecipazione del 75% nella nuova banca. Tra i membri non asiatici è la Germania ad avere la partecipazione più alta, con una quota del 4,5%, seguita dalla Francia, con una quota del 3,4%, e dal Brasile, al 3,2%.

Il vice ministro delle Finanze cinesi, Shi Yaobin, ha spiegato in un'intervista all'agenzia Xinhua che la percentuale di voto della Cina e la relativa quota di voto all'interino del board sono "naturali conseguenze" dello statuto della nuova banca e che le quote potrebbero essere diluite con il tempo, quando un numero maggiore di membri farà parte del nuovo soggetto finanziario. Shi ha poi rassicurato che la Cina non deterrà alcun potere di veto all'interno dell'organismo. La Aiib nasce da un'iniziativa dell'ottobre 2013 del presidente cinese, Xi Jinping, e il primo atto costitutivo del nuovo soggetto finanziario arriverà un anno più tardi, nell'ottobre 2014, con la firma di un memorandum d'intesa tra venti Paesi membri più la Cina, alla Grande Sala del Popolo di Pechino, sede dell'Assemblea nazionale del Popolo, il parlamento cinese. L'Italia entra ufficialmente a fare parte del nuovo soggetto bancario regionale il 17 marzo 2015, e riceve l'approvazione di membro fondatore il 2 aprile, assieme alla Francia.

L'accordo di oggi conferma anche Pechino come sede dell'Aiib, il dollaro come valuta in cui vengono stabiliti i termini finanziari e l'inglese come lingua di lavoro all'interno del nuovo organismo finanziario. La nuova banca di investimenti in infrastrutture asiatica si pone come alternativa agli altri organismi regionali, anche se da Pechino è sempre stato sottolineato come la natura del nuovo istituto non sia in contrapposizione a quella dell'Asian Development Bank e della Banca Mondiale, agli altri organismi finanziari concorrenti per i finanziamenti allo sviluppo nei Paesi asiatici. La nuova banca entrerà in piena operatività entro la fine dell'anno, come confermato dal ministro delle Finanze cinesi, Lou Jiwei, che ha aperto i lavori della cerimonia di oggi, a patto che almeno il 10% dei membri fondatori firmino l'accordo e che il capitale iniziale sottoscritto non sia inferiore al 50% del capitale autorizzato.

 

All'Italia quota del 2,62%, è il quarto Paese europeo

L'Italia ha una quota del 2,62% nella Asian Infrastructure Investment Bank, la banca di sviluppo infrastrutturale asiatica a guida cinese di cui oggi è stato firmato a Pechino l'accordo quadro che regola la governance e le quote di ciascun Paese membro. Il 2,62% porta l'Italia è essere il quarto Paese europeo per importanza all'interno del nuovo soggetto finanziario, alle spalle della Germania, con il 4,5%, della Francia, con il 3,4%, e della Gran Bretagna, con il 3,1%. In totale, l'Italia si colloca al dodicesimo posto tra i 57 Paesi che hanno aderito alla Aiib, anche se il 75% delle partecipazioni nel nuovo soggetto finanziario regionale sono detenute dai Paesi asiatici, con la Cina e l'India ai primi due posti, con percentuali rispettivamente del 30,3% e dell'8,52%. Chiudono la lista Malta e le Maldive, agli ultimi due posti, con una percentuale a testa dello 0,01%.

I dirigenti cinesi hanno salutato la firma di oggi come un momento storico. Il presidente cinese, Xi Jinping, dopo la cerimonia alla Grande Sala del Popolo, su piazza Tian'anmen, ha incontrato i rappresentanti dei Paesi membri, con cui ha sottolineato che la firma di oggi sottolinea il carattere di "solidarietà, cooperazione, apertura, inclusività e richiesta di sviluppo comune" di tutti i Paesi membri. In un messaggio scritto, il primo ministro cinese, Li Keqiang, oggi a Bruxelles per partecipare al summit tra Cina e Unione Europea, ha sottolineato che il nuovo organismo finanziario potrebbe essere una "buona ricetta contro il declino economico globale" e che la Aiib servirà ad ampliare i canali di finanziamento per le infrastrutture e aumentare la cooperazione internazionale.

Le aspettative sull'ingresso dell'Italia nella banca di investimenti a guida cinese sono positive, secondo Michele Geraci, direttore del China Economic Research Program, presso la Nottingham University Business School China, e direttore del Global Policy Institute China. "L'Italia può contribuire molto all'interno della Aiib - spiega Geraci ad Agichina - Non solo è membro fondatore: le industrie italiane che hanno specifiche skills possono partecipare ai singoli progetti e i profitti verrano divisi tra i 57 membri. La Aiib è una banca che può generare profitti: non è una Ong". In più, la nuova banca a guida cinese potrebbe riuscire a sviluppare le infrastrutture nel continente, secondo Geraci, riempiendo un vuoto lasciato dalle istituzioni regionali, come la Asian Development Bank e la Banca Mondiale, nonostante i dubbi sulla governance che hanno caratterizzato le polemiche degli ultimi mesi. "Diamo una chance alla Cina - continua Geraci - anche se ha potere di veto e la maggioranza, alla gente dell'Asia interessa avere da mangiare, le infrastrutture, le autostrade, le scuole per i figli: interessa, insomma, avere quelle cose che la banca farà. Non puoi dire a un povero di aspettare trenta anni perché bisogna discutere della governance".


29 giugno 2015

 

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