ACQUISTI CINESI DEBITO USA AI MASSIMI DAL 2010

ACQUISTI CINESI DEBITO USA AI MASSIMI DAL 2010

Pechino, 17 nov.-  La Cina aumenta gli acquisti di Treasury Bonds americani, mentre aumentano le incertezze sulla situazione del debito pubblico europeo: secondo i dati pubblicati mercoledì dal dipartimento del Tesoro di Washington, a settembre il Dragone ha acquistato bonds a lunga scadenza per 20.7 miliardi di dollari, segnando l'acquisto più rilevante dal marzo 2010. Pechino ha invece lievemente ridotto l'esposizione in T-bills –obbligazioni a breve scadenza- ma i dati più recenti dimostrano che la Cina detiene complessivamente debito pubblico americano per 1150 miliardi di dollari, l'aumento mensile più evidente dall'ottobre 2010.

 

A queste cifre vanno aggiunte le quote di debito pubblico statunitense acquistate tramite piazze terze, la cui stima è sempre estremamente difficile, ma le statistiche non lasciano spazio a dubbi: la Cina continua ad essere il primo creditore degli Stati Uniti, e la tempesta che sta colpendo l'Unione europea spinge Pechino a concedere nuovamente maggiore fiducia al dollaro, dopo che nell'agosto scorso l'acquisto di titoli Made in Usa aveva raggiunto i minimi termini.

 

"Per la Cina è difficile sbarazzarsi di investimenti nei debiti pubblici di altri paesi, perché una mossa del genere risulterebbe in un deprezzamento degli asset che cono già in nostro possesso- ha dichiarato questa settimana il presidente del fondo sovrano cinese China Investment Corporation Gao Xiqing nel corso di un forum economico a Hong Kong-, ma quando parliamo di investimenti internazionali dobbiamo tenere presente se questi rientrano nei nostri interessi o meno. Non possiamo semplicemente affermare che la Cina è una nazione generosa, e che possiamo aiutare le economie mature a qualunque costo". Le dichiarazioni di Gao suonano quasi come una risposta a distanza a chi ritiene che la Cina possa intervenire nella crisi del debito pubblico europeo con massicci investimenti.

 

Ma la relazione tra Washington e Pechino è tutt'altro che una luna di miele, come dimostrano le ultime bordate scambiate tra le due sponde del Pacifico: "Le critiche sul tasso di cambio dello yuan sono prive di fondamento e irragionevoli" aveva detto ieri il portavoce del ministero del Commercio cinese Shen Danyang, rispondendo alle ultime affermazioni di Barack Obama. Da Honolulu, dove alla fine della settimana scorsa si è tenuto il summit Apec, il Presidente degli Stati Uniti aveva nuovamente attaccato la valuta cinese, sostenendo che la Cina mantiene provocatoriamente basso il tasso di cambio della sua moneta e che uno yuan svalutato "concede ai prezzi dei prodotti cinesi un vantaggio del 20%-25%  sui mercati globali".

 

Particolarmente agguerrito è anche lo schieramento "anti-Cina" che al Congresso degli Stati Uniti spinge sempre di più per l'adozione di una più dura linea commerciale nei confronti di Pechino: secondo il rapporto presentato ieri da una commissione bipartisan, la moneta cinese "potrebbe rappresentare una sfida al dollaro" già nel brevissimo periodo".

 

"I giorni in cui la Cina era esclusivamente la fabbrica del mondo per i prodotti a basso costo sono sempre più lontani, e la pianificazione economica cinese sta puntando sempre di più sul campo dei prodotti hi-tech e della ricerca di alto livello" si legge nel rapporto. "Allo stesso modo, non sembra più inconcepibile che lo yuan cinese arrivi a rappresentare una seria sfida al dollaro, forse già nel giro di cinque o dieci anni".

 

Di Antonio Talia

 

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