A Shell e alla cinese Cnpc il 15% del greggio iracheno
ADV
ADV
A Shell e alla cinese Cnpc il 15% del greggio iracheno

A Shell e alla cinese Cnpc il 15% del greggio iracheno

Petrolio. Ieri i primi verdetti della seconda gara per aggiudicarsi i giacimenti
di lettura
Le major hanno sfidato le bombe pur di non lasciarsi sfuggire l'opportunità di mettere le mani sul petrolio iracheno. A Baghdad, dove nei giorni scorsi gli attentati hanno fatto oltre cento morti, la seconda gara per l'assegnazione di contratti di servizio, che si concluderà oggi, ha attirato i rappresentanti di ben 45 compagnie petrolifere. Nella prima giornata due consorzi hanno già centrato l'obiettivo: Royal Dutch Shell, alleata con la malese Petronas, ha ottenuto il contratto per il giacimento di Majnoon, mentre la cinese Cnpc, insieme alla stessa Petronas e a Total, si occuperà di Halfaya. Un buon risultato per il ministero del Petrolio iracheno: la prima tornata di aste in giugno si era conclusa con un solo contratto assegnato (quello per Rumaila, siglato dal tandem Bp-Cnpc).
Da allora, tuttavia, le compagnie hanno capito che non tutto si gioca nel giorno dell'apertura delle buste: le trattative si possono condurre anche privatamente, con buone probabilità di spuntare condizioni migliori. È quanto è successo, ad esempio, con il giacimento di Zubair, che è stato assegnato alle cure dell'Eni (in consorzio con Kogas e Occidental) 4 mesi dopo l'asta. Il contratto di servizio ventennale – che dovrebbe ricevere la firma definitiva entro Natale, secondo quanto ha dichiarato ieri Paolo Scaroni – contiene clausole molto più favorevoli di quelle che erano state proposte in prima battuta. In una bozza riservata, di cui il Sole 24 Ore possiede una copia, è inclusa ad esempio l'esplicitazione del tasso di declino della produzione del giacimento (-5% l'anno). Un dettaglio non da poco, perché consente di considerare come "addizionali" – e dunque remunerabili – un numero di barili molto più ampio.
Le violenze che ancora dilaniano l'Iraq stanno comunque ponendo un freno agli ambiziosi piani di sviluppo del governo, che si è posto l'obiettivo – irraggiungibile, secondo molti osservatori – di accrescere la sua produzione di greggio dagli attuali 2,5 a ben 10 milioni di barili al giorno, un livello paragonabile a quello della Russia. Dei cinque giacimenti messi in palio ieri – tutti con grandi potenzialità di sviluppo e costi di estrazione relativamente bassi – ben due non hanno ricevuto alcuna offerta e un terzo ha attirato soltanto l'attenzione dell'angolana Sonangol (che però si è ritirata, dopo l'invito di Baghdad a ridimensionare le sue richieste). Forse non è un caso che tutti e tre i giacimenti in questione si trovino in aree ad alto rischio: uno, quello di East Baghdad, è addirittura accanto al sobborgo di Sadr City, noto per una lunga serie di stragi, di cui l'ultima sei mesi fa. Anche l'assenza di interesse per gli Eastern Fields si spiega probabilmente allo stesso modo: il gruppo di quattro giacimenti si trova nella provincia di Diyala, zona sospettata di essere una roccaforte di al-Qaeda. Qayara, il campo nel mirino di Sonangol, è infine nei pressi di Mosul, in un'altra zona molto instabile.
I giacimenti di Majnoon e Halfaya si trovano invece entrambi nel sud dell'Iraq, in aree relativamente pacificate. Non sorprende, dunque, che la competizione per aggiudicarseli sia stata piuttosto accesa. Shell – che con Exxon ha già ottenuto un contratto per West Qurna-1 – ha strappato Majnoon alla coppia Total-Cnpc grazie a un'offerta che punta ad accrescere la produzione da 45.900 a 1,8 mbg, oltre il doppio della richiesta di Baghdad, in cambio di una remuneration fee di 1,39 $ per ogni barile addizionale estratto (gli avversari chiedevano 1,79 $/bbl per 1,4 mbg).
Ancora più conteso è stato Halfaya: il consorzio a guida Cnpc era sfidato da altri tre concorrenti, tra cui lo stesso consorzio a guida Eni che si è già aggiudicato Zubair. Il gruppo di San Donato – già impegnato in importanti investimenti, non solo in Iraq ma anche in Africa occidentale – non ha tuttavia presentato un'offerta particolarmente aggressiva: la remunerazione richiesta era di 12,90 $/bbl per accrescere la produzione da 3.100 a 400mila bg. I vincitori chiedevano 1,40 $/bbl per arrivare a 535mila bg.
© RIPRODUZIONE RISERVATA

12/12/2009
ADV