A Shanghai i camionisti bloccano il porto
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A Shanghai i camionisti bloccano il porto

A Shanghai i camionisti bloccano il porto

Cina. A scatenare lo sciopero l'aumento del prezzo dei carburanti e le nuove tariffe dei magazzini
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SHANGHAI. Dal nostro corrispondente
I camionisti di Shanghai incrociano le braccia e rischiano di paralizzare il porto container della metropoli cinese.
Tutto è cominciato mercoledì mattina, quando qualche centinaio di autotrasportatori ha indetto tre giorni di sciopero al terminale di Baoshan, il più grosso snodo marittimo cittadino, per protestare contro l'aumento del prezzo dei carburanti e contro le nuove tariffe imposte dai gestori dei magazzini privati.
La prima giornata di protesta si è svolta in modo relativamente pacifico. Ma ieri la situazione è peggiorata subito dal primo mattino, quando alcuni camion che cercavano di forzare il blocco sono stati presi a sassate dagli scioperanti. La polizia è intervenuta e ha arrestato una decina di manifestanti che cercavano di rovesciare dei mezzi pesanti per sbarrare la strada ai camionisti "crumiri". Secondo alcune indiscrezioni non confermate, gli scontri sarebbero diventati molto violenti causando la morte di un paio di persone.
«La situazione è diventata insostenibile. Lavoriamo tantissimo ma, con tutti questi rincari, alla fine della settimana non ci resta un soldo in tasca», avverte uno scioperante promettendo battaglia per i prossimi giorni. Una battaglia che Governo e autorità cittadine finora hanno finto di ignorare. Prova ne sia che ieri la stampa cinese non riportava una sola riga sulla rivolta degli autotrasportatori shanghainesi.
Ciononostante, spiegano fonti del settore, ieri la municipalità avrebbe deciso di aprire una trattativa con alcuni rappresentanti dei camionisti (si tratta perlopiù di padroncini indipendenti) per mettere fine allo sciopero. Uno sciopero che comincia a dar fastidio: ieri a Baoshan la movimentazione delle merci ha funzionato a singhiozzo; e per il fine settimana gli operatori prevedono ancora traffico congestionato. Ecco perché, dicono le stesse fonti, l'obiettivo delle autorità è di riportare alla normalità il porto shanghainese entro il 25 aprile.
Gli scenari possibili sono due. La resa dei camionisti che bloccano le banchine dopo aver accettato la proposta che verrà formulata loro nelle prossime ore. Oppure, in caso di resistenza, come già accaduto in passato in analoghi frangenti, l'intervento della polizia che userà la forza per rompere il blocco, arresterà i capi della protesta, e li condannerà a pene severissime ed esemplari.
Comunque vada, un fatto è certo: lo sciopero ha le ore contate. Terrorizzato com'è dalle proteste popolari scoppiate nel mondo arabo, infatti, di questi tempi il Governo cinese è più intollerante del solito a qualsiasi forma di protesta e di dissenso. Ciò che fa più paura al Partito comunista è l'effetto contagio. Nel Paese il costo della vita sta aumentando a ritmo vertiginoso: a marzo l'inflazione è salita al 5,4 per cento. E a farne le spese non sono solo i camionisti.
Vastissimi strati della popolazione, dagli operai agli impiegati, dagli insegnanti ai liberi professionisti, negli ultimi mesi hanno visto scendere drasticamente il loro potere d'acquisto a causa dei forti rincari dei generi alimentari. Per questo motivo, nonostante il Governo sia intervenuto a più riprese per calmierare i prezzi dichiarando guerra all'inflazione, il malcontento serpeggia in diverse zone del Paese.
In questo quadro, per evitare il rischio di rivolte sociali, Pechino sta giocando d'anticipo per stroncare sul nascere qualsiasi tentativo di destabilizzazione. Così ha fatto qualche settimana fa reprimendo brutalmente l'embrione del cosiddetto "movimento dei gelsomini". E così farà anche con i camionisti di Shanghai qualora questi ultimi non dovessero venire a più miti consigli.
© RIPRODUZIONE RISERVATA

23/04/2011
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