A Qingdao va in onda la paga a punti
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A Qingdao va in onda la paga a punti

A Qingdao va in onda la paga a punti

In Shandong, tra le linee della Haier (televisori)
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di Cristina Casadei

Un mosaico di volti sorridenti, grande quanto l'intera parete d'ingresso, è la prima immagine a cui i lavoratori si trovano di fronte ogni giorno, quando entrano nella fabbrica del quartier generale di Qingdao (Shandong) dove Haier produce i televisori al led. Sono 160 foto di giovani ragazzi e ragazze. Basta camminare di fianco alla catena produttiva - al di qua della linea gialla e senza parlare con i lavoratori per non disturbarli, ci raccomandano - per non trovare più alcun sorriso sul volto della giovane donna che accende e spegne schermi quasi più grandi di lei.
Sono i nuovi 55 pollici al led e lei sta controllando che funzionino. Ogni giorno ripete la stessa operazione migliaia di volte: da questo stabilimento escono 15 milioni di televisori all'anno. Lei sa che più sarà veloce e meno sbagli farà, più avrà la possibilità di essere eletta miglior lavoratore a fine giornata. Dunque sulla linea c'è poco da sorridere e molto da concentrarsi.
Della qualità e del suo controllo il ceo Zhang Ruimin, che è facile incrociare nei corridoi dell'azienda - meno facile parlargli - ha fatto una regola assoluta. Nel 1984, dopo le lettere di lamentela di numerosi clienti per il malfunzionamento di alcuni frigoriferi, Ruimin ne allineò 76 nel cortile di quella che allora era una piccola fabbrica con 160mila euro di fatturato, prese un martello e li distrusse. Il messaggio era (ed è): «Non esiste una qualità A,B,C,D ma solo una buona e una cattiva qualità. E noi vogliamo fare solo prodotti di buona qualità».
Alla Haier i messaggi, e anche i gesti, sono molto forti. Così come lo è stata la sua crescita da un quarto di secolo a questa parte. L'azienda ha 40mila dipendenti e produce elettrodomestici, condizionatori, frigoriferi, lavatrici, lavastoviglie, televisori. Dal 1984 ad oggi è passata da zero a 14 miliardi di euro di fatturato, con un incremento medio annuo del 60%.
Adesso la Cina non basta più, soprattutto perché per affermarsi come marchio internazionale di medio alto livello, bisogna guadagnare credibilità non in Cina, ma in Europa. Ed è per questo che dallo Shandong, Zhang Ruimin ha pianificato la conquista del vecchio continente partendo da tre mercati molto significativi: Germania, Italia e Francia. Haier vuole diventare un brand sul mercato mondiale nello stesso modo in cui lo è quello di altre multinazionali, cinesi e non. Nel medio termine la sfida di Sun Shubao, general manager per l'Europa, è fare di Haier il quinto marchio di elettrodomestici in Europa.
Se ci riuscirà, proprio mentre il modello di organizzazione del lavoro cinese low cost comincia a scricchiolare, sarà il futuro a dirlo. Il tema del salario, salito alla ribalta in alcune aziende cinesi, qui ancora non ha raggiunto le stanze dei bottoni. Un operaio guadagna in media 200 euro al mese, mentre un capolinea 300. Per quanto? Sun Shubao sembra essere convinto che il tema vero di cui parlare non sia questo. Un turno di lavoro alla Haier dura otto ore ma qui tutti dicono che con stipendi di 200 euro non si arriva a fine mese e gli operai arrotondano con gli straordinari.
Così è facile che le ore di lavoro superino la soglia delle dieci o delle dodici. Del resto, uno dei principi che la società trasmette quotidianamente ai dipendenti è che «per crescere bisogna lavorare molto duramente», dice Sun Shubao. Dopo le prime proteste operaie ci si chiede però se il management stia cominciando a mettere in discussione il modello retributivo e di motivazione dei lavoratori. La risposta di Sun Shubao è no, perché «ogni paese ha la sua cultura e qui funziona così. Siamo consapevoli che ciò che oggi è buono domani potrebbe essere cattivo, ma adesso funziona bene».
La casa cinese è abituata a pensare in grande come preannuncia Haier Road, la lunga strada a otto corsie che attraversa Qingdao e porta verso l'headquarter e gli stabilimenti produttivi. La costeggiano alti caseggiati che sembrano uno la fotocopia dell'altro e cantieri ovunque. Qingdao ha ospitato le competizioni di vela durante i giochi olimpici che hanno cambiato il volto della città, come mostrano la darsena, immensa, bellissima, e gli alti grattacieli di vetro. Lungo Haier Road che porta verso l'interno di questa "piccola" città cinese (gli abitanti sono 7 milioni) la serie dei palazzi fotocopia si interrompe quando comincia il quartier generale Haier.
Ovunque scritte e simboli spiegano che l'innovazione è l'anima dell'azienda. Del resto, Haier vuole fare prodotti nuovi che sappiano contraddistinguersi in un mercato dove la competizione è fortissima e dove anche le aziende cinesi sono alla ricerca di quel prodotto che ne farà un marchio riconoscibile a livello globale. E che chiaramente non sarà una copia di nulla. Come i grandi frigoriferi a due porte e sei cassetti che rappresentano l'alto di gamma. Sono stati disegnati nel centro di ricerca di Varese, in Italia, e in Cina vengono venduti con il marchio Casarte, chiaro richiamo all'italianità del design, mentre in Italia con il marchio Haier. Il loro costo supera i mille euro e sono, insieme alle televisioni al led, il prodotto con cui Haier conta di sfondare nei prossimi anni.
A un operaio servirebbero 5 mesi di lavoro per comprare il modello base del Casarte. Ma ancora, forse, l'ambizione del possesso di questo tipo di prodotto non ce l'ha. Per i 40mila della famiglia Haier ancora oggi la speranza alla fine di ogni giornata è conquistare un punto. Cosa significhi lo spiega il capofabbrica quando all'inizio della terza linea, al centro del corridoio, si arriva davanti al disegno di un quadrato con al centro due impronte verdi. Il miglior lavoratore a fine turno riceverà l'onore di mettersi in piedi sul quadrato davanti ai colleghi. La regola vuole che tutti si complimentino con lui e che riceva un punto. Il criterio per diventare il miglior lavoratore? Il ritmo, spiega il capofabbrica. E la precisione.
Ma che senso ha tutto questo? È il modo in cui Haier lega il salario alla produttività. Ogni quattro mesi, chi ha totalizzato più punti viene eletto il miglior lavoratore del trimestre e riceve in cambio cibo, un viaggio per i familiari a Qingdao e un extrasalario. A quanto ammonti questo extra non si sa, la risposta è vaga. Come quella alla domanda: quando ci sono picchi di ordini e si lavora su più turni chi fa quelli aggiuntivi? Dopo lunga consultazione il risultato è: «We have to check it», dobbiamo verificarlo. Forse gli stessi operai che semplicemente lavorano qualche ora in più di otto. Per arrotondare quello che sembra essere uno dei salari più alti nelle aziende manifatturiere cinesi. Duecento euro alla Foxconn o alla Honda, dove nei giorni scorsi il malumore dei lavoratori è esploso, sembrano un sogno.
Il vento di quella protesta alla Haier non è arrivato. Anzi. Ci sono molti giovani che vogliono venire a lavorare qui perché «Haier è un'azienda cool», ci racconta Arron Jiang, che a 27 anni è già business operation manager e overseas client manager. La ragione per cui il salario è più alto la spiega invece Sun Shubao: «L'azienda ha due obiettivi: che i prodotti siano di qualità e innovativi e che i lavoratori siano felici». Come sembrano voler dire i volti sorridenti del collage di foto all'ingresso.
© RIPRODUZIONE RISERVATA

06/06/2010
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