A morte per corruzione l'ex presidente della Sinopec
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A morte per corruzione l'ex presidente della Sinopec

A morte per corruzione l'ex presidente della Sinopec

La sentenza potrebbe però essere trasformata in ergastolo
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Dario Aquaro
Condanna a morte per corruzione, ma pena sospesa per due anni in attesa di un nuovo giudizio. Chen Tonghai, ex presidente della China Petroleum and Chemical Corporation (Sinopec), la seconda compagnia petrolifera cinese, è stato giudicato colpevole di aver accettato tangenti per 195,7 milioni di yuan, pari a 28,6 milioni di dollari.
La cifra è la più alta mai intascata da un singolo dirigente corrotto in Cina: secondo le autorità giudiziarie, citate dall'agenzia Xinhua, Chen avrebbe ricevuto «mazzette per finanziare altra gente, inclusa la propria amante, avrebbe realizzato profitti illeciti e condotto in generale una "vita corrotta"».
Il tribunale del popolo di Pechino ha chiesto ieri la massima pena prevista, ma l'esecuzione della sentenza è stata sospesa per due anni, «considerato che Chen ha confessato e si è pentito, ha fornito informazioni su altri atti criminali e restituito l'intero ammontare delle tangenti incassate», come riferiscono i media cinesi. Le condanne a morte "sospese" vengono di solito commutate in ergastolo al termine dei due anni, quando la situazione è riesaminata dalla magistratura. In base a una regola introdotta nel 2007, tutte le pene capitali devono infatti essere confermate dalla Corte suprema: probabile quindi che anche per l'ex presidente della Sinopec arrivi il carcere a vita.
Sessantun anni, ingegnere, nei primi anni 80 Chen aveva guidato una raffineria della Sinopec nell'est del paese, per poi diventare sindaco della città di Ningbo. Tornato alla fine degli anni 90 nelle alte gerachie della società petrolifera, ne divenne presidente nel 2006. Come massimo dirigente della Sinopec, Chen ha ricoperto nel paese un ruolo pari a quello di un ministro. Fino al 2007, quando fu rimosso dall'incarico, e il caso delle tangenti reso pubblico.
La lotta cinese alla corruzione si aggiunge a quella combattuta in questi giorni contro il presunto caso di spionaggio della Rio Tinto, il colosso minerario anglo-australiano accusato di aver «rubato segreti di stato». Ieri il primo ministro australiano Kevin Rudd ha avvertito la Cina che in ballo ci sono importanti interessi economici e tutto il mondo sta guardando a come Pechino gestisce la vicenda.

16/07/2009
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