Pechino, 11 feb. - L'inflazione cinese nel mese di gennaio galoppa a un ritmo meno sostenuto del previsto. Secondo i dati forniti oggi dall'Ufficio Nazionale di Statistica di Pechino, nel mese scorso l'indice dei prezzi al consumo è aumentato dell'1.5%: si tratta di un rallentamento rispetto al +1.9% del mese di dicembre e, soprattutto, di un risultato al di sotto delle aspettative ufficiali, che per il primo mese del 2010 prevedevano un + 2.0%. In una nota ai clienti, gli economisti Goldman Sachs Yu Song ed Helen Qiao sottolineano però che il rischio inflazione è sempre presente: "A causa della continua crescita nell'economia reale e della rinnovata espansione del credito - scrivono i due analisti - riteniamo che sia importante continuare a vigilare con la massima attenzione". A gennaio, in effetti, prima che l'authority bancaria e la Banca centrale adottassero alcune contromisure, gli istituti di credito hanno continuato ad erogare credito facile: il flusso di nuovi prestiti ha totalizzato quota 1390 miliardi di yuan (circa 139 miliardi di euro) contro i 1350 previsti, segnando così il terzo record assoluto nella storia del credito cinese. L'anno scorso, per contrastare la crisi, su impulso del governo le banche avevano dato via libera al credito inondando il mercato cinese di circa 9500 miliardi di nuovi prestiti, sostenendo così una crescita dell'8.7% che ha fatto di quella cinese l'economia con la migliore performance nell'anno della grande crisi. L'obiettivo fissato per il 2010 è di 7500 miliardi di yuan in nuovi prestiti, e nelle ultime settimane sono state adottate numerose misure - come ad esempio un aumento del coefficiente di riserva obbligatoria delle banche - per frenare la corsa al credito. Molti altri analisti, però, sottolineano diversi segnali che indicherebbero come lo spettro dell'inflazione sia tutt'altro che lontano: il fatto che il Capodanno Cinese - basato sul calendario lunare - quest'anno cada il 14 di questo mese anziché in gennaio, potrebbe ad esempio condurre ad un'impennata dell'indice dei prezzi al consumo dopo la fine di febbraio. L'indice dei prezzi alla produzione, inoltre, in gennaio è aumentato del 4.3%, contro un +1.7% registrato nel corso dei dodici mesi del 2009. I salari minimi, inoltre, stanno aumentando in molte delle province più industrializzate e una delle soglie chiave è quel 2.25% fissato dalla Banca centrale come il massimo tasso d'interesse che le banche possono corrispondere per i certificati di deposito ad un anno. Se l'inflazione dovesse superare questa soglia, privati e società sarebbero incentivati a prelevare i loro depositi per investirli in azioni o nel real estate, una mossa capace di dare il via a bolle speculative. Questa settimana Goldman Sachs ha indicato oltre il 4% il tasso d'inflazione sostenibile da Pechino, mentre secondo il China Business News il livello chiave si aggira presumibilmente al 3%; se si oltrepassano questi livelli, o se la Federal Reserve aumenta il tasso d'interesse, anche People's Bank of China potrebbe trovarsi costretta ad adottare la medesima misura.