« Sviluppo? L'Oriente non molla»
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« Sviluppo? L'Oriente non molla»

« Sviluppo? L'Oriente non molla»

INTERVISTA - GURU DELLA COMUNICAZIONE
di lettura
di Leonardo Maisano
«Internet e Cina. La storia del 2008 e di questi primi mesi del 2009 ci dice questo. La nostra crescita arriva dalla Cina come area geografica e dal web come area di business». In un mondo che non sarà mai più quello di prima. Pechino ci salverà, se vogliamo banalizzare il senso di una lunga chiacchierata con sir Martin Sorrell, 63 anni, guru della comunicazione globale che, in qualcosa di vagamente simile al solito garage, locale evidentemente capace di illuminare menti brillanti, ha lanciato nel 1985 Wire and Plastic Products (Wpp).
Da un ex produttore di cestini in plastica è nata l'azienda oggi al vertice mondiale (seconda solo all'americana Omnicom) per servizi di media e marketing communication con un fatturato di 13,6 miliardi di dollari, 135mila dipendenti, 2mila uffici in 107 paesi. Un colosso che spazia dalla pubblicità tradizionale al Pr-public affairs, al marketing nel senso più stretto, declinando sotto lo stesso marchio nomi noti, da Young & Rubicam a Ogilvy, da J.W. Thomson a Burson-Marsteller.
Tutto è cominciato con un assegno di circa 670mila dollari che sir Martin staccò una trentina d'anni fa per acquisire il 30% della società quotata, veicolo d'una scalata infinita fra media-comunicazione-pubblicità. Dalla cima di un settore che più rapidamente di altri ha il polso delle evoluzioni trasversali ai comparti dell'economia, Sorrell non vede luce in fondo al tunnel della crisi.
«Negli ultimi mesi c'è stato un rimbalzo determinato dalla sensazione, credo giusta, che il temuto Armageddon, il collasso finale, non ci sarà. Rispetto a tre mesi fa la fiducia è risalita, i manager avvertono un cambiamento che però non concretizzano in nuovi investimenti. Cuore e portafogli rimangono divisi».



Dappertutto?



No, non in Cina. In aprile il nostro settore ha visto una crescita del 25 per cento.



Solo Pechino?



Cina, India e America Latina. Il Brasile è solido, l'Argentina nonostante tutto sembra sfidare la legge di gravità. Anche il Messico regge. La Colombia migliora. In Europa Centro Orientale, la Polonia è ben piazzata. Non è il caso del Giappone né di Dubai, anche se il Medio Oriente dà soddisfazioni. Come l'Africa, nel suo piccolo.



Appesi ai Bric (Brasile, Russia, India e Cina) quindi?



La Russia con il petrolio che sale riguadagnerà posizioni. Ma, ripeto, la parte del leone tocca alla Cina, avvantaggiata com'è dalle grandi opere pubbliche, da quel capitalismo eterodiretto che rende più immediato, ad esempio, il beneficio dello stimolo fiscale. Ero a Canton la settimana scorsa e dalla finestra del mio albergo ho visto una città in via di completo, totale rifacimento. Non accade in nessun'altra parte del mondo. Il pendolo della storia torna dove batteva secoli fa, saranno i quattro colossi emergenti con i cosiddetti next 11 (i paesi che secondo Goldman Sachs saranno accanto ai Bric i motori dell'economia del XXI secolo, ndr) a spingere, visto che nel 2040 la metà del Pil mondiale arriverà da lì. Ci sono cicli nell'evoluzione del mondo, la Cina è stata sul lato sbagliato della storia per troppo tempo. Ora, forse, toccherà a noi. Pagheremo il prezzo di troppe spese e della cronica incapacità di tagliarle.



In realtà si dovrebbe dire che questo è il costo della democrazia.



O più semplicemente possiamo ammettere che ci piace essere felici e non ricchi.



Poveri ma belli era il titolo di un famoso film del neorealismo rosa italiano...



Le rispondo con un esempio tutto inglese. È un'invenzione che la spesa pubblica britannica sia esplosa con la crisi. Basta fare un giro, dal Galles alla Scozia, per vedere quanto sia elevata la spesa dello stato. C'è gente assunta per dire ai medici che non devono visitare i pazienti in cravatta perché con la cravatta aumentano le chance di portare virus. È follia burocratica, segno di spreco che va combattuto. Ma le urgenze della politica lo impediscono. E dico tutto questo perché lei mi parlava di ritorno alla crescita, ovvero di prospettiva a breve periodo. Il problema è la strategia sul lungo che implica scelte coraggiose. Chi le farà? Non Gordon Brown, non Angela Merkel, vedremo se ci riuscirà Obama. Altrimenti ci accontenteremo di essere felici.



E Wpp vuole ovviamente essere ricca...



Vogliamo crescere. Per questo abbiamo 11mila persone in Cina, più che negli Stati Uniti e 7mila in India. Ridurremo ancora in Europa e America. Parallelamente aumenteremo i nostri investimenti nel digitale e nel consumer insight che è un servizio sempre più richiesto. Bob Mc Donald, numero uno di Procter and Gamble ovvero del primo investitore in pubblicità al mondo, ha detto che il suo obiettivo sono Cina e India.



E voi lo seguirete...



Nel 2008 tutta la nostra crescita è stata in Cina e nel digitale. In internet. Dal punto di vista aritmetico può essere un'esagerazione, ma è fondamentalmente vero.



Anche lei a presagire la morte dei quotidiani, la fine della carta stampata?



Cambi strutturali del settore sommati alla crisi creano la perfect storm. La verità è che i media tradizionali, dai network tv a giornali e periodici, non saranno mai più profittevoli come in passato. Murdoch dice che fra dieci anni sarà tutto digitale. Non me la sento di condividere questa previsione. Assisteremo a un crescente consolidamento del settore e all'introduzione di mezzi come Kindle. Sarà necessario, però, allentare le norme antitrust per consentire l'accorpamento di diversi mezzi di comunicazione. Accade già in Spagna, Brasile, Australia.



I contenuti restano patrimonio unico dei media, la perfect storm non li sfiora.



Certo, non c'è dubbio. Il problema però è che io voglio avere tutto e lo voglio subito. Per questo sono pronto a pagare, se è un contenuto di qualità. Il problema è superare l'abitudine alla gratuità del web, costume innescato dal venture capital degli anni 90 che puntava solo al traffico capace di attrarre pubblicità. Goldman Sachs ci ha lavorato a lungo e in seminari successivi ha proposto prima il modello web basato sulla pubblicità, poi quello basato sull'abbonamento, per approdare poi al sistema misto. Bisognerà stare attenti perché alcuni new media subiscono l'effetto della moda. Second Life due anni fa era sulla bocca di tutti, ora non se ne sente più parlare. Ma che il futuro sia tutto lì ce lo dice un dato. Il 12% del budget mondiale di Wpp, per il 2009, è internet. Lei e io passiamo almeno il 20% del nostro tempo sul web. Fra due anni al massimo il 20% del budget di Wpp sarà internet e noi passeremo il 30% del nostro tempo a navigare. La fetta di pubblicità destinata da Wpp al digitale si allargherà ancora.



Per arrivare a che cosa? A un mondo interamente assorbito dal web? Uno scenario che va oltre l'immaginazione...



No, per passare da un torta che nel mondo pre-internet vedeva la pubblicità divisa un terzo alle tv, un terzo a quotidiani e periodici e un terzo al resto - dalla radio ai cartelloni pubblicitari - a una torta che sarà un quarto internet, un quarto tv, un quarto carta stampata e poi il resto. Divisione grossolana perché si deve decidere come considerare i video sul web, mezzo dallo straordinario potenziale. Sono tv o internet? Per la statistica conterà deciderlo.



In quanto tempo tutto questo?



Cinque anni.
© RIPRODUZIONE RISERVATA

19/06/2009
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