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Ciò non significa, però, che la scelta debba ricadere sui "soliti noti", i paesi più industrializzati. Anzi. «Con un'ottica da cassettista di lungo periodo - dice Milano - l'opzione call è sui listini di stati come il Brasile, l'India o la stessa Cina. Se guardiamo all'S&P 500, come indice di riferimento delle economie più avanzate, ci si accorge dell'esistenza di un cosiddetto "orso" generazionale, cioè un superciclo ribassista. L'indice, infatti, adesso viaggia sugli stessi prezzi del 1998. Nell'ultimo decennio è salito e sceso, disegnando una grande "M", sulla scia della bolla hi-tech e delle politiche monetarie espansive di Greenspan prima e Bernanke poi».
Un meccanismo di "economia a debito", supportato anche dall'enorme liquidità, che alla fine «ha dato luogo a una crescita fittizia». Non è una visione eccessivamente pessimista? «Non credo. Per capire cosa realmente accade, bisogna guardare ai macro-trend. Alle variabili di fondo quali, per esempio, l'autunno demografico che "attanaglia" le economie più industrializzate». Cosa intende dire? «L'invecchiamento della popolazione comporta un aumento del risparmio e, in generale, una minore spinta dell'economia. Cui consegue un rallentamento degli stessi mercati finanziari».
Va detto che la tesi, proprio di recente, è stata confermata da uno studio della Bank of international settlement (Bis). I ricercatori della Bis, basandosi anche sui modelli per i consumi personali di Franco Modigliani, hanno dimostrato che l'invecchiamento della popolazione ha un impatto negativo sui prezzi degli asset finanziari e immobiliari. Negli Usa, per esempio, lo scorrere del tempo per Mr e Mrs Smith porterà, entro quarant'anni, a una diminuzione dei prezzi di circa il 30 per cento. Il ragionamento conseguente è quasi pavloviano: «Con le debite cautele dovute a ogni generalizzazione - dice Milano -, i listini dei paesi emergenti, che non soffrono l'autunno demografico, dovrebbero mettere a segno un migliore trend di lungo periodo».
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23/08/2010
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