Pechino, 23 lug.- La tassa sui patrimoni immobiliari di cui il governo cinese discute da mesi assume una fisionomia sempre più chiara: un funzionario del ministero delle Finanze - anonimo, come spesso avviene in questi casi - ha dichiarato al quotidiano ufficiale China Daily che "nel giro di due o tre anni" verrà lanciato in numerose città cinesi un progetto pilota per sperimentare la nuova imposta. Un altro quotidiano, il National Buiness Daily, aveva precedentemente annunciato che la tassa sarebbe stata applicata per la prima volta nel 2012 e che tra le prime città a sperimentarla ci sarebbero state Pechino, Canton, Shanghai e Chongqing; nell'aprile scorso i governi di queste due ultime metropoli avevano già presentato richiesta all'amministrazione centrale per piazzarsi in pole position nel test del nuovo tributo. La fonte citata dal China Daily, tuttavia, non fissa un termine così perentorio, ma conferma che successivamente il programma potrebbe essere varato su scala nazionale. Nel maggio scorso il Consiglio di Stato aveva approvato alcune linee generali sulle politiche economiche,di cui il passaggio da un regime basato sulle imposte applicate alle transazioni immobiliari ad uno fondato sulle proprietà costituiva un punto cardine: la domanda, quindi, non è se la riforma si farà, ma quando.
L'obiettivo della nuova imposta consiste nel raffreddare il rovente mercato immobiliare cinese che, negli ultimi mesi, ha assistito a continui aumenti dei prezzi delle proprietà, tali da dare corpo a nuove paure sullo scoppio di una bolla immobiliare: "Il problema del mercato immobiliare in Cina è ancora più grande e più profondo di quello che ha caratterizzato gli Stati Uniti e la Gran Bretagna prima della crisi finanziaria - ha dichiarato in una recente intervista al Financial Times Li Doukui, professore all'Università Tsinghua e membro della Commissione per le politiche monetarie della Banca centrale - e si tratta di più di un semplice problema di bolle speculative". "Si tratta anche di un problema sociale, che rischia di avere ripercussioni politiche - ha detto ancora il professore- perché con l'aumento dei prezzi una vasta fascia della popolazione, specialmente i giovani, diventa ansiosa. La Cina sta correndo il rischio del surriscaldamento dell'economia, oppure è già vicina al ciglio del precipizio. Ma direi che la situazione si può ancora controllare". Con l'eccezione di una lieve botta d'arresto nel mese di maggio (+12.4%, uno 0.4% in meno rispetto ad aprile), fin dalla fine dell'anno scorso gli indici dei prezzi di vendita degli edifici nelle 70 principali città cinesi su base annua hanno continuato a salire, segnando ogni mese un record fino a quello, tuttora imbattuto, di un +12.8% registrato in aprile.
Secondo Nie Meisheng, presidente della sezione della Camera di Commercio Cinese che si occupa di real estate, fissare i parametri della nuova imposta richiederà parecchio tempo, in quanto il governo necessiterà di un esercito di professionisti in grado di stimare correttamente il valore delle unità immobiliari. Secondo Liu Ligang, valuer dell'agenzia ANZ, Pechino potrebbe decidere di imporre un'aliquota dello 0.8% sul valore di mercato dell'immobile a tutti i cittadini che detengono più di una proprietà a partire dalla seconda casa. Qualunque forma assuma la nuova imposta, la strada verso la tassazione dei patrimoni immobiliari sembra già segnata.
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