Pechino, 22 mar. – La Cina registrerà un deficit commerciale da record alla fine del mese di marzo: lo ha detto il ministro del Commercio Chen Deming domenica, nel corso del China Development Forum. Se l'ipotesi di Chen venisse confermata dall'Istituto Nazionale di Statistica, il Dragone si troverebbe di fronte al primo trade deficit dal 2004, un dato che contribuirebbe a rinforzare la posizione dell'establishment cinese che, come un sol uomo, si sta ergendo a difendere la moneta nazionale da qualsiasi ipotesi di apprezzamento: "Il surplus commerciale della Cina verso gli Stati Uniti è stato trasformato in una delle principali scuse che gli economisti americani adottano per spingere verso una rivalutazione dello yuan, - ha detto il ministro - ma, ironicamente, questi richiami diventano sempre più forti man mano che il surplus continua a declinare". Le statistiche ufficiali mostrano che la maggior parte del trade surplus cinese del 2009, ben il 73% del totale, è costituita dagli scambi con gli Stati Uniti, ma secondo Chen questa percentuale andrebbe addebitata principalmente alle restrizioni che gli USA applicano al trasferimento di prodotti hi-tech verso la Cina: "L'impatto di un apprezzamento della valuta sul commercio sarebbe limitato" ha dichiarato il ministro. La rivalutazione dello yuan è al centro di una disputa sempre più accesa tra le due sponde del Pacifico, che rischia di culminare con la consegna del prossimo rapporto semestrale del Tesoro USA, prevista per il 15 aprile, nel quale Washington potrebbe accusare ufficialmente Pechino di manipolare la propria valuta, una mossa alla quale corrisponderebbero subito delle ritorsioni commerciali. Ritorsioni che la Cina non sembra affatto intenzionata ad accogliere docilmente: "Non chiuderemo un occhio - ha detto Chen - e risponderemo, anche se si tratterà di aprire una controversia nelle appropriate sedi internazionali, davanti alla WTO". Lo yuan/renminbi è una valuta non convertibile, che Pechino ha di fatto nuovamente ancorato al dollaro nella metà del 2008, dopo un periodo in cui la moneta era stata libera di fluttuare all'interno di criteri molto severi, fissati per legge; la mossa, secondo il governo statunitense, ha condotto a una sottovalutazione della divisa, concedendo un vantaggio sleale ai commerci del Dragone con l'estero. Ma se questa impostazione sembra condivisibile da premi Nobel per l'Economia come l'americano Paul Krugman e dal direttore del Fondo Monetario Internazionale Dominique Strauss-Kahn, la posizione di Pechino appare monolitica: dal premier Wen Jiabao in giù tutti i più importanti funzionari cinesi smentiscono che la valuta sia sottostimata e sostengono che l'attuale quotazione sia necessaria per difendere la sopravvivenza degli esportatori cinesi e la crescita dell'occupazione; un apprezzamento dello yuan, inoltre, potrebbe aumentare l'afflusso di capitali speculativi verso la Cina - la cosiddetta 'hot money'-, precipitando il paese in una spirale inflattiva. Nel corso del China Development Forum, Chen Deming ha diffuso alcune statistiche, raro caso di anticipazione prima della consegna ufficiale, chiaro segno che la polemica sul renminbi è una delle priorità della leadership cinese: secondo il ministro, il surplus commerciale del 2009 è sceso del 34% nonostante la moneta abbia mantenuto una quotazione stabile, un surplus che sarebbe diminuito fino al 50% nei primi due mesi del 2010 fino a raggiungere l'ipotizzato deficit per il mese di marzo. I dati elaborati dal Dragone basteranno a convincere il Tesoro americano o non saranno sufficienti per scongiurare una guerra commerciale tra l'Aquila e il Dragone? Al 15 di aprile, data di consegna del rapporto USA, mancano poco più di tre settimane.