« Per le Pmi è l'ora di mettersi in gioco»
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« Per le Pmi è l'ora di mettersi in gioco»

« Per le Pmi è l'ora di mettersi in gioco»

INTERVISTA - Cesare Romiti - Presidente Fondazione Italia-Cina
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Rita Fatiguso
MILANO
Cesare Romiti, presidente della Fondazione Italia-Cina, ha trascorso gran parte delle vacanze a Pechino. Il che gli ha dato il polso della situazione cinese, ma anche delle nuove possibilità che si presentano per le aziende italiane presenti in Cina o che sulla Cina vogliono puntare.

Presidente, il vento sta cambiando. Fanno ben sperare gli indici cinesi della produzione industriale, il consumo retail che viaggia ancora a due cifre, la richiesta di materie prime in netta ripresa.

Devo correggerla. La Cina non è in ripresa, semplicemente non si è mai fermata, a differenza del resto del mondo che forse non ha mai attraversato una crisi così evidente. Per l'impresa si è trattato di un momento terribile. Le cifre del ministero dello Sviluppo economico rivelano che l'interscambio commerciale con l'Italia va sensibilmente migliorando.

Nel 2008 l'export italiano in Cina è stato di 6.444 milioni di euro, in crescita del 2,5% sul 2007, ma di ben 4 volte inferiore rispetto all'import. Nei primi mesi del 2009 la tendenza sarebbe confermata.

Vero. Il fatto che la forbice tra import ed export si riduca potrebbe sicuramente essere un vantaggio da cogliere al volo per le nostre realtà. Però bisogna tenere a mente una cosa.

A cosa si riferisce?

La Cina è un continente, non è un "semplice" paese. Oggi almeno 400-450 milioni di cinesi versano in una situazione di relativo benessere, cosa assolutamente impensabile fino a qualche tempo fa, ai tempi di Deng Xiaoping, che io ricordo bene. Si tratta di gente che ha bisogno di beni di consumo di qualità, proprio come quelli offerti dal nostro made in Italy o di tecnologie, della quali i cinesi sono ancora sprovvisti.

Dalla Cina importiamo abbigliamento, prodotti siderurgici, macchine varie e quella congerie di articoli definiti small commodities. Esportiamo, in prevalenza, macchine utensili e in testa ci sono, nell'ordine, Lombardia, Veneto, Emilia-Romagna.

Certo, il fenomeno per il momento riguarda soprattutto alcune aree, ma la Cina è sempre più un parter privilegiato per l'Italia.

C'è stata una svolta con gli incontri di questa estate tra delegazioni politiche, la presenza del premier Hu Jintao ha segnato un cambio di rotta. Ma ci sono stati anche incontri tra imprenditori cinesi e italiani.

La circostanza ha permesso di siglare accordi di rilevo in Cina. Oggi c'è un nucleo più forte di aziende italiane che hanno costituito società di diritto cinese, interamente di proprietà o compartecipate, le quali potranno anche partecipare ai piani di stimolo varati dal governo cinese nelle infrastrutture, ad esempio.

Questo vale certamente per le grandi aziende. E le realtà più piccole? Cosa dovrebbero fare per "agganciare" questa ripresa?

Guardi, come ripeto sempre più spesso c'è un tessuto di imprese italiane che piace davvero ai cinesi. E non da ora. Solo che adesso è arrivato il momento di mettersi in gioco.

Gli economisti sostengono che quando la forbice tra import ed export si restringe, si liberano risorse per investimenti. Cosa ne pensa al riguardo?

Direi che i cinesi hanno iniziato a far la loro parte, proprio in una situazione di questo tipo.
rita.fatiguso@ilsole24ore.com
© RIPRODUZIONE RISERVATA

06/09/2009
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