« Nessun G-2, Pechino punta sul mondo multipolare»
ADV
ADV
« Nessun G-2, Pechino punta sul mondo multipolare»

« Nessun G-2, Pechino punta sul mondo multipolare»

Yang Jiemian. Presidente dello Shanghai Institute for International Studies
di lettura
TOKYO. Dal nostro inviato
Il responsabile della Trilaterale per la Cina è Yang Jiemian, 58 anni, presidente dello Shanghai Institute for International Studies; sarà lui a "reclutare" altri autorevoli esponenti non governativi oltre ai due già entrati come membri (Zhang Yunling, direttore degli studi internazionali alla Chinese Academy of Social Science di Pechino, e l'ex diplomatico di primo piano Wu Jianmin). Yang è fratello del ministro degli Esteri in carica, guida anche la Shanghai Association of International Relations ed è autore di varie pubblicazioni, specialmente sui rapporti Cina-Usa e sulla cooperazione interasiatica.
La Cina nella Trilaterale: un tempo sarebbe stato impensabile. Sono cambiati di più la Cina, il mondo o la Trilaterale?
Tutto è cambiato. La Trilaterale era nata come un club delle sole cosiddette democrazie industrializzate. Ora è razionale che tutti i principali attori in grado di contribuire alla stabilità internazionale siano rappresentati. Cina e India devono essere presenti. Altrimenti la Trilaterale rischia di diventare irrilevante. È un processo che si può notare anche nei principali consessi internazionali.
Un segnale di svolta che arriva in un momento di crisi economica su scala globale...
Vari Paesi sono concentrati oggi su priorità domestiche, ma ritengo che non si debba perdere di vista la necessità di sviluppare un pensiero strategico per il medio e lungo termine. In questo senso, anche per la Cina la sfida non è solo quella sul fronte dell'economia domestica, ma su come dare il migliore contributo all'esterno. Proprio perché sta acquisendo fiducia, la Cina, superando l'approccio bilaterale, si apre maggiormente al multilateralismo, alla cooperazione e all'organizzazione internazionale in diverse forme, nel quadro di una assunzione di responsabilità condivisa. E il rapporto con l'East Asia sta diventando sempre più intenso e di reciproco beneficio. Comunque, l'Asia è talmente diversificata e pluralistica che in proposito non abbiamo ancora un "policy paper" governativo ufficiale, come per altre aree. Abbiamo cercato di rimediare con gli studi al nostro istituto, disponibili sul sito Web (www.siis.org.cn).
In quali termini intravede la possibilità di concreti sviluppi in East Asia?
Penso anzitutto a meccanismi per contrastare le minacce non tradizionali alla sicurezza. Va approfondito un consensus building secondo le nostre attitudini, e forgiato un nuovo consenso su una leadership regionale: non più, come in passato, intorno a un singolo Paese, ma come risultato della collaborazione di sub-leadership sul piano politico, economico, culturale e di sicurezza. E si potrebbe cercare di istituzionalizzare la cooperazione con altre aree. Penso, ad esempio, all'Africa. Perché non arrivare a un coordinamento della cooperazione con gli amici africani, anziché pensare solo in termini di partnership che si ignorano: Cina-Africa, Giappone-Africa o India-Africa?
Per alcuni l'India rappresenta un elemento di complicazione nel processo di integrazione dell'East Asia.
Con l'India non abbiamo risolto alcuni problemi bilaterali, ma essa partecipa già in parte al processo regionale e c'è la crescente percezione che il suo contributo possa essere utile. La cooperazione in East Asia è destinata a svilupparsi coinvolgendo attori esterni all'area, come gli Usa e, in misura minore, la Russia.
E l'idea, per ora accademica, di un G-2 con gli Usa?
Non è fattibile. In ogni caso, la Cina è contro ogni egemonismo e per un mondo multipolare.
Vede all'orizzonte un ruolo di valuta internazionale per il renmimbi?
È facile constatare che il renmimbi è diventato più forte ed è già accettato da vari Paesi, come dimostrano gli accordi di swap valutario, mentre anche i recenti esperimenti di trade settlement appaiono positivi. Detto questo, i tempi saranno molto lunghi. La Cina è ancora in via di sviluppo, il reddito pro-capite resta basso e non abbiamo ancora molta esperienza sul piano della gestione finanziaria e valutaria internazionale. Abbiamo ancora molto da imparare.
S. Car.
© RIPRODUZIONE RISERVATA

28/04/2009
ADV