« Ma nessuno può snobbare Pechino»
ADV
ADV
« Ma nessuno può snobbare Pechino»

« Ma nessuno può snobbare Pechino»

IL TOP MANAGER - Romano Valussi (Alcatel)
di lettura
Le aziende che vanno in Cina con un ricco portafoglio di brevetti, devono mettere in conto qualche danno in termini di proprietà intellettuale. «È una cosa fisiologica», ammette Romano Valussi, l'italiano che è chief executive officer di Alcatel Lucent Shanghai Bell, la joint venture cinese del gruppo franco-americano delle telecomunicazioni. «Ogni anno, il 13-14% degli ingegneri cambia lavoro e certe idee, certe informazioni, emigrano insieme a loro». «In questo momento, la Cina è molto più brava nelle innovazioni incrementali che non in quelle di rottura», spiega Valussi, che ha da poco ricevuto il Magnolia Silver Award, il premio che Shanghai attribuisce agli stranieri che si sono distinti nell'economia locale. «Ma sta anche spingendo sulla ricerca di base, che nel lungo periodo darà gli inevitabili frutti. Al momento l'innovazione cinese è ancora ai nastri di partenza: è vero che quattro dei dieci supercomputer più veloci al mondo sono in Cina, ma sono ancora costruiti con microchip Intel o Ibm».
In compenso, il settore dove la Cina sta innovando di più è proprio quello occupato da Alcatel: le tecnologie della comunicazione. «Sì è vero – risponde Valussi – aziende come Huawei e Zte stanno producendo brevetti in quantità. E di un'elevata qualità». Avete mai subito attacchi alla vostra proprietà intellettuale? «Beh, sì, in un paio di casi. Ma niente di eclatante». Alcatel Lucent è ormai in Cina da 28 anni e dà lavoro a 14mila persone.
A detta di Valussi, la cosa importante è un'altra. «La Cina si rende conto che la crescita porta alla disparità sociale e, con il dodicesimo Piano quinquennale, vuole puntare a uno sviluppo economico più equo, più "verde" e più tecnologico. Una migliore qualità della vita si riflette in migliori prodotti e un più alto grado di innovazione. Perché il mito dei cinesi che copiano, resta un mito».
Nessuna impresa può permettersi di snobbare la Cina. «Qui si sta parlando di mettere in piedi un'altra economia americana nel giro di 15 anni. È noto che la Toyota si è posta il problema di possibili "perdite" di proprietà intellettuale, ma poi ha ugualmente deciso di aprire in Cina il nuovo stabilimento per le Prius. Di un mercato così grande, non puoi fare a meno».
© RIPRODUZIONE RISERVATA

05/02/2012
ADV