Pechino, 7 set.- "Abbiamo modificato le linee guida della politica di 'innovazione nazionale', e vogliamo ribadire che le imprese estere costituiscono a pieno titolo una parte della forza manifatturiera cinese": il vicepresidente Xi Jinping – probabile erede di Hu Jintao nel 2012 – ha rassicurato così le aziende straniere, che nell'ultimo periodo hanno espresso crescenti preoccupazioni sulla crescente diffusione di un clima di protezionismo nel mercato cinese. Sotto i riflettori c'è ancora una volta la politica di 'innovazione nazionale', criticata nelle ultime settimane da numerose personalità straniere come la responsabile della politica estera Ue Lady Catherine Ashton e il presidente della Camera di Commercio Ue in Cina Jacques de Boisesson. Di cosa si tratta? Le prime bozze della legge sull'innovazione nazionale prendono forma nel novembre dell'anno scorso e, dopo aver fissato sei aree d'interesse (hardware per le telecomunicazioni, hardware per computing e application, software, prodotti per lo sfruttamento delle energie rinnovabili, prodotti ad alto risparmio energetico e moderni equipaggiamenti da ufficio), stabiliscono che – a parità di condizioni – venga assegnata una preferenza alle imprese cinesi che concorrono all'assegnazione di commesse pubbliche in questi settori.
Successive modifiche alla norma hanno effettivamente assicurato maggiori margini di manovra alle imprese straniere, ma le polemiche non si sono ancora spente. "Pechino sta conducendo dei negoziati approfonditi per firmare l'accordo WTO sulle commesse pubbliche – ha detto ancora Xi, che per gettare acqua sul fuoco ha scelto una platea internazionale come quella dell'UNCTAD, il forum dell'agenzia ONU per il commercio e lo sviluppo apertosi oggi a Xiamen – e voglio ricordare che le aziende straniere generano il 28% della produzione industriale cinese e occupano 45 milioni di lavoratori. Man mano che la Cina continua ad aprirsi, gli investitori stranieri godranno di maggiore spazio per lo sviluppo del loro business e per guadagni ancora più elevati. Le aziende estere verranno trattate esattamente come quelle cinesi". Secondo Lady Ashton, che aveva incontrato la scorsa settimana Wen Jiabao, anche il premier cinese ha adottato un tono "conciliatorio" sulla questione e ha ammesso che in merito "il governo ha ancora del lavoro da fare"; nelle stesse ore, tuttavia, la Camera di Commercio dell'Unione europea in Cina diffondeva l'edizione annuale del suo rapporto sulle condizioni di business oltre la Grande Muraglia, nel quale accusava esplicitamente Pechino di violare gli impegni assunti in sede WTO attraverso una serie di certificazioni per investire in Cina estremamente difficili da ottenere.
Secondo la Camera, Il Dragone utilizza un "sistema di certificazioni obbligatorie, troppe e troppo complesse" per "tenere gli stranieri fuori dal mercato". La Cina, inoltre, applica una definizione di 'sicurezza pubblica' e 'infrastruttura di interesse nazionale' "troppo ampia, senza termini di paragone in altre nazioni del mondo", che impedisce alle imprese estere di ottenere le licenze necessarie a operare in interi settori. Tra le industrie più soggette a questo tipo di controlli ci sono le telecomunicazioni, i trasporti, l'information technology, il petrolchimico, la distribuzione di energia e il sistema bancario.
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