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Un nuovo incarico che si avvicina sotto i migliori auspici: nel periodo gennaio-marzo sono tornati a crescere sia i ricavi sia gli utili di Bulgari.
La prima trimestrale del 2011 segna una netta inversione di tendenza. Si può parlare di ripresa economica?
A livello mondiale sicuramente sì, anche se ogni Paese ha i suoi punti di forza e debolezza. Per L'Italia vale un discorso a sé: i singoli imprenditori hanno fatto di tutto per reagire alla congiuntura economica negativa e per agganciare la ripresa. Ma lo sviluppo di un Paese non può essere affidato alla buona volontà dei singoli, dobbiamo comprendere che è il "framework" a essere debole. Parlo delle infrastrutture, ma anche della struttura giuridica, come ben sa chiunque abbia avuto a che fare con la giustizia civile o amministrativa.
I ricavi Bulgari del trimestre hanno raggiunto i 253,8 milioni, in crescita del 27,5% a cambi correnti e del 22,3% a cambi comparabili, una bella differenza. Che previsioni si sente di fare sui cambi?
Nessuna. Come tutte le grandi aziende cerchiamo di coprire il rischio di cambi anche con strumenti finanziari ad hoc, ma la strategia migliore resta quella di avere un portafoglio mercati diversificato al punto giusto.
L'altra grande incognita per il settore dell'orologeria e oreficeria è il prezzo delle materie prime. Pensa che si vada verso un calmieramento?
Per le materie prime bisogna fare un discorso diverso rispetto ai cambi. Non è del tutto negativo che le materie prime tendano a crescere, è un'indicazione di un certo esprit positivo dell'economia. A volte quando la domanda sale c'è un vero problema di capacità produttiva. Per quanto riguarda l'oro, mi sembra si stia andando verso un calmieramento, ma non credo ci saranno brusche discese. Come per i cambi, comunque, è utile avere una certa diversificazione anche nell'utilizzo delle materie prime.
Come definirebbe il 2010 per Bulgari? Un anno di transizione?
Per molti anni, prima della crisi economico-finanziaria innescata dal fallimento di Lehman Brothers, alla fine del 2008, Bulgari aveva visto crescere costantemente ricavi e utili. Poi sono venuti due anni difficili, il 2009 e 2010, in cui abbiamo sofferto finanziariamente ma ci siamo concentrati ancora di più sul controllo dei costi. Abbiamo reso la nostra macchina aziendale, che era comunque già ben oliata, più leggera. Per aziende con solide basi le crisi possono essere un'opportunità, a patto di non perdere la calma, di guardarsi all'interno senza perdere di vista i segnali che vengono dai consumatori. E senza mai smettere di investire sul prodotto. Ora si apre una nuova fase, per la quale abbiamo messo a punto un piano di sviluppo triennale. Il 2011 è il primo anno di questa fase.
Nel primo trimestre c'è stata una crescita a doppia cifra per tutte le categorie di prodotto, accessori e profumi compresi. Ma la ripresa più netta è stata quella del segmento degli orologi (+21,9%). È un segno che le vostre strategie di verticalizzazione stanno dando i risultati sperati?
Non solo: stiamo registrando una crescita fortissima nella parte donna, dove i risultati sono facilitati dalla reputazione di Bulgari nel gioiello. Per l'uomo dobbiamo avere un po' di pazienza in più, ma l'obiettivo è conquistare quegli appassionati e collezionisti che oggi hanno come punti di riferimento marchi come Patek Philippe o Audemars Piguet, solo per fare i primi due nomi che mi vengono in mente.
I recenti studi Bain o McKinsey mostrano che gli Stati Uniti restano il primo mercato mondiale del lusso. ma la Cina incombe... Come suddividerebbe, anche pensando al suo nuovo ruolo, gli investimenti in questi due grandi mercati?
Se guardiamo al segmento "hard luxury" il primo mercato è il Giappone, seguito dalla Greater China, con Italia e Stati Uniti a contendersi il terzo posto. È soprattutto in Cina che concentreremo gli investimenti.
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24/05/2011
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