### Cina: universita' al bivio, cresce la qualita' ma non il rating - TACCUINO DA SHANGHAI
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### Cina: universita' al bivio, cresce la qualita' ma non il rating - TACCUINO DA SHANGHAI

### Cina: universita' al bivio, cresce la qualita' ma non il rating - TACCUINO DA SHANGHAI

di lettura

di Alberto Forchielli *

(Il Sole 24 Ore Radiocor) - Milano, 05 dic - Cosi' come nel
rating, anche nell'istruzione avanzata, esiste a livello
globale una triade di valutatori contemporaneamente temuta,
rispettata, criticata. Gli Istituti attivi nell'higher
education sono in apprensione quando i tre piu' importanti
valutatori - Times Higher Education, QS World, US News &
World Report World's - stilano le loro classifiche. La
pubblicazione ha lo stesso significato della valutazione del
rischio per l'emissione dei titoli pubblici da parte
dell'altra grande triade: Standard & Poor's, Moody's, Fitch.
In entrambi i casi la valutazioni del prestigio sbiadiscono
rispetto a quelle economiche. Universita' ritenute in grado
di fornire un'istruzione avanzata possono richiedere rette
piu' alte per gli studenti. I loro genitori sono disposti a
impegni pur gravosi per metterli in contatto con i migliori
professori, talvolta premi Nobel, le attrezzature piu'
moderne, un ambiente stimolante e protetto. Le nazioni
industrializzate, soprattutto quelle di lingua inglese, sono
da anni indirizzate verso il business dell'istruzione
superiore, in un circolo redditizio che li porta ad assumere
i migliori professori, investire in laboratori di ricerca e
riversare i costi sugli utenti. L'Australia rappresenta
l'ultimo luminoso esempio di questa impostazione. Il paese e'
riuscito ad attrarre oltre 500.000 studenti (prevalentemente
dall'Asia) dai quali ricava la terza fonte di valuta
straniera del paese. La Cina in questo ambiente mostra
ambizioni e sconta ritardi. Nell'ultima classifica di Times,
le due migliori Universita' cinesi (Peking e Tsinghua), hanno
perso posizioni, collocandosi rispettivamente e al 49imo ed
al 71imo posto al mondo. Se soltanto l'Asia viene presa in
considerazione, il loro status cambia sensibilmente: quarta
ed ottava posizione. Lo spostamento e' spiegabile con la
dominanza delle universita' nord-americane e europee. Nei
primi 10 posti, ve ne sono 6 statunitensi e 4 inglesi. A
conferma della loro dominanza , e' indicativo verificare la
presenza italiana. Le prime Universita' italiane sono nella
posizione tra 226 e 250 delle 400 complessive. Bologna e'
l'Universita' italiana meglio piazzata, seguita da Milano,
Milano-Bicocca, Padova, Trieste, Trento, Ferrara,
Modena-Reggio Emilia. La relativa marginalizzazione degli
atenei cinesi trova ragioni oggettive ed altre che attengono
ai metodi di rilevazione, analogamente a quanto succede per
il rating. Nonostante gli sforzi del Governo (il budget per
l'istruzione superiore ha raggiunto il 3,7% del pil) le
universita' locali non riescono ad uscire compiutamente da
una dimensione locale. Gli studenti iscritti sono ora 31
milioni (quadruplicati nell'ultimo decennio), che comunque
trovano nel cinese la loro lingua di apprendimento e di
produzione accademica. Il rating universitario valuta in
maniera decisiva il numero di riferimenti e citazioni di
pubblicazioni che rimandano all'istituzione d'origine. E'
evidente che Universita' che producono documenti in inglese
sono avvantaggiate. Lo sono ugualmente quelle gia' note che
riescono piu' facilmente a capitalizzare in virtu' della loro
reputazione. Le universita' cinesi inoltre sono pubbliche e
non possono dunque godere delle donazioni private che
sostengono la struttura e la ricerca. Soltanto nel 2009
Harvard ha ricevuto contributi privati per 26 miliardi di
dollari, sufficienti a garantire sia il rigore accademico
che la liberta' di pensiero e di sperimentazione. Gli
studenti cinesi sono infine penalizzati nelle elaborazioni
relative alle scienze sociali, mentre eccellono nella
materie scientifiche. Probabilmente la secolare abitudine
alla disciplina e l'assetto politico che non promuove il
dissenso e l'anticonformismo, rendono piu' redditizia
l'applicazione sistematica che non l'elaborazione
concettuale. Quest'ultima potrebbe infatti condurre a
soluzione non controllabili, al contrario dei risultati
scientifici. In conclusione, il paragone tra le consolidate
universita' del primo mondo e quelle piu' nuove del terzo
offre solo una possibilita' parziale, probabilmente
insufficiente, di paragone e dunque di classifica. Gli
intendimenti, la tradizione, le risorse delle universita'
americane sono radicalmente diverse da quelle cinesi, per
poter stabilire una classifica. La loro analisi puo' invece
essere valida per esaminare le tendenze in corso nella Cina.
Gli sforzi sono stati importanti e forieri di risultati. La
popolazione universitaria e' cresciuta in qualita' e quantita'.
Le necessita' di rivolgersi all'estero per avere manager e
tecnici affidabili e' ormai stata riconsiderata. Tuttavia la
scarsa dimensione internazionale, la prevalenza del metodo
sulla liberta' di espressione, la spietata selezione per
l'ammissione, rendono ancora il sistema prigioniero del suo
passato. La Cina dei record avra' bisogno di continuare ad
investire sulla produzione di cervelli se vuole continuare
con successo quella delle merci.

* presidente Osservatorio Asia


(RADIOCOR) 05-12-11 15:25:39 (0237)news,FE,CINA,ASIA 5 NNNN
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