###Cina: l'occasione (mancata) di un 'Piano Marshal mandarino'- TACCUINO DA SHANGHAI
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###Cina: l'occasione (mancata) di un 'Piano Marshal mandarino'- TACCUINO DA SHANGHAI

###Cina: l'occasione (mancata) di un 'Piano Marshal mandarino'- TACCUINO DA SHANGHAI

di lettura

di Alberto Forchielli *

(Il Sole 24 Ore Radiocor) - Milano, 21 nov - Il resto del
mondo e' ammirato dai successi della Cina e soprattutto non
vuole esserle ostile per convenienze economiche. Tuttavia
Pechino sembra lontana dall'avere costruito un modello di
societa' imitabile, un insieme di comportamenti e valori che
trascendono l'ammirazione per i record economici. E'
certamente vero che il soft power cinese si sta dispiegando.
Lo testimoniano i milioni studenti di cinese nelle scuole
straniere, i viaggi nel Regno di Mezzo, il traino culturale
operato dal mondo degli affari. Tuttavia e' forte la
consapevolezza che la Cina sia ancora sostanzialmente
estranea, o meno integrata di quanto sarebbe lecito
aspettarsi, nella societa' globalizzata. I segnali che lo
confermano si affollano nelle cronache recenti. Obama e'
accolto trionfalmente in ogni capitale asiatica che visita.
Nell'ultimo viaggio - in Australia e a Honolulu per il
vertice dell'Apec (Asia-Pacific Economic Cooperation) - ha
ribadito la volonta' statunitense di ancorarsi nel Pacifico,
una top priority per il Dipartimento di Stato ed il
Pentagono. Ad esclusione di Pechino, le capitali asiatiche
si sono sentite sollevate. Possono continuare, con approcci
differenti, la politica del doppio binario: la Cina
garantisce il volano della crescita, gli Stati Uniti
assicurano la sicurezza, spesso proprio contenendo la Cina.
I vicini temono la sua espansione territoriale, ma non
possono fare a meno della sua forza economica. Con tutti il
Dragone ha contenziosi storici, dispute di confine, ricordi
di conflitti. L'animosita' con India, Giappone e Mongolia
affonda le sue radici nella storia. Piu' legate a fattori
contingenti sono le tensioni con Filippine e Vietnam per il
controllo del mar Cinese Meridionale. Anche amici
tradizionali come Myanmar danno segni di volersi liberare da
un abbraccio forse soffocante, mentre persino dall'Africa -
e' il caso dello Zambia - si levano voci contro il controllo
cinese delle risorse nazionali. A queste tensioni si
aggiungono le resistenze alla Cina nei paesi
industrializzati. Si tratta non soltanto delle tradizionali
critiche al sistema politico, alla gestione dei diritti
umani e delle minoranze. Anche la qualita' dei prodotti
cinesi d'importazione - ritenuta bassa, insicura per la
salute e pericolosa per l'occupazione - riesce a
giustificare una valutazione della Cina che comunque non e'
coerente con la sua potenza. Pechino rimane un corpo quasi
estraneo, ancora misterioso, per questo percepito con
diffidenza da chi le e' lontano e con preoccupazione da chi e'
invece vicino. La Cina e' cosciente di questa situazione e la
potente creazione dei Centri Confucio per diffondere la sua
cultura nel mondo ne' costituisce la prova tangibile. I suoi
risultati sono innegabili, cosi' come la loro limitatezza. La
Cina avrebbe potuto fare di piu' e meglio per diffondere il
suo soft power: una miscela di storia, letteratura, stile di
vita, arte, comunicazione, piacevolezza. Le crisi del 2008 e
del 2011 le hanno offerto una chance che Pechino sembra aver
disatteso. Con la forza dell'economia avrebbe potuto
gettarsi nell'arena internazionale per conquistarsi "i cuori
e le menti" dei cittadini del mondo.
Sarebbe impensabile confinare questo tentativo ad un
semplice fatto di costume. Esso si innerva in ambiti piu'
propriamente politici se non ideologici. Lo stile di vita,
che conquista i cittadini del mondo, deriva da un intervento
strategico. Ce lo ricorda l'invasione dell'American way of
life nel dopoguerra, conseguenza soft di una vittoria
militare. Con l'Europa in rovine e l'ex Urss incapace di
arginare la potenza culturale statunitense, l'affermazione
di stili di vita, ambizioni, valori nord americani ha
modellato intere generazioni. La Cina aveva la possibilita'
di tentare un'operazione analoga, ma ha preferito
rinchiudersi nel proprio guscio. Hanno giocato prudenza e
diffidenza verso un mondo esterno dal quale la storia ha
insegnato a difendersi. E il timore di perdere la diversita'.
Una paura priva di fondamento a fronte di una storia lunga
5mila anni. Se la Cina dunque non si offre maggiormente
all'esterno, il suo successo sara' confinato ad uno
straordinario raggiungimento economico, ma avra' fallito
l'ambizione di creare, per se' e per gli altri, uno storico
'Piano Marshall Mandarino'.


* presidente di Osservatorio Asia

(RADIOCOR) 21-11-11 16:34:07 (0252)news,CINA,FE,ASIA 5 NNNN
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