### Cina: investe in infrastrutture africane ma snobba le europee - TACCUINO DA SHANGHAI
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### Cina: investe in infrastrutture africane ma snobba le europee - TACCUINO DA SHANGHAI

### Cina: investe in infrastrutture africane ma snobba le europee - TACCUINO DA SHANGHAI

di lettura

di Alberto Forchielli*

(Il Sole 24 Ore Radiocor) - Milano, 12 dic - La crisi ha
impresso un'accelerazione alle dinamiche sociali cosi' forte
che oggi e' divenuta dominante l'opinione che i paesi
cosiddetti emergenti, in primis la Cina, possano aiutare
finanziariamente quelli industrializzati. Sembrava
inimmaginabile un passaggio di poteri cosi' repentino nella
sfera economica, un percorso che ha condotto a cambi di
residenza per la supremazia prima della produzione, poi dei
consumi, infine nella dotazione finanziaria. La Cina ha
assunto il ruolo simultaneo di concausa della crisi e di
soluzione per uscirne. La sua dotazione di riserve e' lo
strumento per trovare ossigeno in economie altrimenti
asfittiche. Quando il dibattito si sposta sul versante delle
opzioni, tuttavia, cio' che viene considerato un'opportunita'
per tutti (accedere ai fondi cinesi vendendo i gioielli di
famiglia) si trasforma in un percorso a ostacoli.
L'acquisto del debito sovrano europeo e' stato subito
l'auspicio delle cancellerie. L'ipotesi ha avuto vita breve:
nessun politico avvertito della Cina darebbe luce verde per
si avventurarsi su un terreno cosi' rischioso, dove la Cina
non riuscirebbe a controllare le numerose implicazioni (non
ultime quelle politiche e militari) che regolano il successo
di un tale intervento. Inoltre, l'opposizione interna
suggerisce l'uso alternativo dei risparmi nazionali, da
indirizzare verso un miglioramento sociale piuttosto che a
salvare i consumi, spesso dissennati, di altri paesi. La
seconda opzione emersa e' la partecipazione in progetti
industriali, soprattutto per le infrastrutture. Costruirne o
modernizzare le dotazioni esistenti appare sulla carta
un'opzione praticabile. I paesi europei ad esempio hanno
difficolta' di accesso al credito in questa fase. La loro
rete e' spesso obsoleta, la disoccupazione e' una minaccia
concreta. Iniezioni di fondi cinesi, da ripagare con le
utenze successive, rappresentano una soluzione valida. La
stessa Cina sarebbe in grado di elevare il proprio status
internazionale, finora relegato a quello di fornitrice di
manodopera economica per lavori all'estero. L'operazione la
trasformerebbe da contractor a investor. Questo terreno e'
anch'esso impervio. Non sempre il business delle
infrastrutture e' redditizio. Se lo fosse, i fondi europei
non si lascerebbero sfuggire l'occasione. Le costruzioni, le
utenze, le comunicazioni si sono dimostrate fonte di
profitto quando messe in funzione. Ma sono proprio gli
ostacoli sociali che possono spaventare gli investitori
cinesi. Le infrastrutture non sono una semplice merce da
produrre e vendere. Hanno bisogno del consenso, delle
approvazioni per l'impatto ambientale, della condivisione
per la tariffazione dei servizi. Sono inserite in un
percorso politico innervato di compromessi, dove la rigidita'
delle procedure si mescola con il rispetto dei diversi
interessi messi in campo. La costruzione di un'autostrada,
di una linea ferroviaria ad alta velocita' o di un acquedotto
comporta delle complicazioni che spesso ne impediscono la
realizzazione, pur se i vantaggi complessivi offerti
dall'investimento appaiono promettenti. Se queste operazioni
risultano difficili o impraticabili per i governi nazionali,
a maggior ragione lo sono per i fondi sovrani cinesi. Questi
non sono abituati a lunghe negoziazioni, alla collegialita'
decisionale. La loro esperienza e' imperniata sull'Africa,
dove si procede con pochi vincoli, senza stuoli di avvocati
e pagine di contratti. I vantaggi sono politici ed economici
in uno scambio che risente indiscutibilmente dell'asimmetria
negoziale. La Cina e' cosi' potente rispetto ad ogni paese
africano da poter dettare le regole delle trattative. Con
l'Europa la situazione e' ovviamente piu' complessa e forse
impraticabile nonostante il grande ottimismo espresso con
grande clamore mediatico da George Osborne, ministro del
tesoro inglese. Laddove le aspettative siano promettenti per
le infrastrutture, i fondi privati dell'Occidente non
mancherebbero di intervenire. Sono pero' altri gli ostacoli
che li frenano. Proprio questi limiti sono sconosciuti alla
Cina e sembrerebbe ingenuo, da entrambi le parti, aspettare
che Pechino possa risolvere problemi che non conosce,
soltanto perche' e' dotata di riserve in cerca di
destinazione.

* Presidente di Osservatorio Asia

(RADIOCOR) 12-12-11 17:12:08 (0264)news,FE,CINA,ASIA 5 NNNN
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