### Cina: il rilancio dei consumi dovra' attendere la nuova dirigenza - TACCUINO DA SHANGHAI
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### Cina: il rilancio dei consumi dovra' attendere la nuova dirigenza - TACCUINO DA SHANGHAI

### Cina: il rilancio dei consumi dovra' attendere la nuova dirigenza - TACCUINO DA SHANGHAI

di lettura

di Alberto Forchielli*

(Il Sole 24 Ore Radiocor) - Milano, 3 gennaio - La Cina dei
record sembra esitante nella sua ambizione di dare fiato
alla componente interna della sua domanda globale. I consumi
non crescono come auspicato e pongono un punto interrogativo
sulla strada delle riforme. Dopo la crisi iniziata nel 2008,
il timore di un contagio dall'esterno aveva fatto
considerare la domanda interna come una valvola di
sicurezza. L'immensa capacita' produttiva del paese avrebbe
dovuto progressivamente trovare acquirenti all'interno, in
sostituzione degli asfittici mercati industrializzati. Il
tentativo era di favorire i consumi con incentivi fiscali e
soprattutto con una riforma del welfare che imponesse meno
risparmi alle famiglie. Lo smantellamento dello stato
sociale - uno dei cardini della virata politico-economica
del Paese - aveva infatti indotto un atteggiamento guardingo
da parte delle famiglie, impegnate a risparmiare per
programmare un futuro contemporaneamente incerto e migliore.
A distanza di tre anni questo obiettivo e' stato raggiunto
molto parzialmente; un'eccezione dunque in un paese abituato
a fissare obiettivi e poi conseguirli con spietato
pragmatismo. I consumi sono aumentati in valore assoluto,
una rilevazione automatica all'aumento del reddito nazionale
e individuale. Il loro incremento e' stato tuttavia inferiore
a quello del Pil. Quest'ultimo, nei primi nove mesi del
2011, e' aumentato del 9,4% su base annua, mentre i consumi
delle famiglie sono cresciute del 6,7%. La percentuale dei
consumi nella composizione del Pil tende dunque a diminuire.
Il declino sembra inarrestabile dal 1994 ed ha raggiunto il
33,2% nel 2010. Diminuiscono, rispetto al Pil, sia consumi
che reddito disponibili, in una situazione inversa a quella
degli Stati Uniti. Inoltre il paese sembra ingessato nella
prosecuzione degli investimenti e non riesce a ridurne
l'impatto. Pechino non puo' continuare a inanellare record
nella produzione di acciaio, cemento, abbigliamento,
calzature, giocattoli e tralicci, perche' presto la domanda
domestica ed internazionale non sara' piu' in grado di
assorbire un'offerta in crescita di oltre il 25% annuo.
L'ascesa del mercato interno sarebbe parte di un
miglioramento qualitativo che appare ancora difficile da
perseguire. In verita', i vecchi interessi che si sono
coagulati intorno agli investimenti manifatturieri,
infrastrutturali ed abitativi offrono una forte resistenza
al cambiamento. Il ruolo delle imprese pubbliche cresce
invece di diminuire, i loro profitti aumentano
(rappresentano i 2/3 del totale degli utili delle aziende
quotate) e le rendono immuni dalle restrizioni al credito,
il sistema bancario le favorisce in una cornice di opacita'.
Inoltre le amministrazioni locali trovano vantaggio
dall'incessante attivita' edilizia. Queste attivita' vanno in
direzione contraria all'aumento dei consumi, perche'
mantengono la ricchezza nelle mani di pochi invece di
distribuirla. Pechino non riesce a controllare compiutamente
la distribuzione delle risorse per due ragioni principali.
La prima riguarda il meccanismo avviato di arricchimento
forzato del paese. E' stato messo in moto un modello
autogenerantesi di rincorsa alla ricchezza, nella
presunzione che il profitto individuale si coniugasse con
quello del paese. Ora i rivoli di questo torrente sono
incontrollabili, in particolare se avvengono lontano da
Pechino. Le province sono infatti diventate piu' ricche ed
autonome cosi' come le imprese pubbliche. La seconda ragione
e' piu' contingente: la direzione attuale e' in scadenza del
suo secondo - e ultimo - mandato. A partire dal prossimo
autunno e nel corso del 2013 verranno scelti il nuovo
segretario del PCC (che diventera' nell'anno successivo anche
Presidente della Repubblica e probabilmente capo della
potente Commissione Militare) e il Primo Ministro. Non
dovrebbero esserci sorprese sui nomi: Xi Jin Ping sara' il
leader, Li Ke Qiang il premier. I loro compiti saranno meno
scontati e la riforma economica interna sara' uno dei banchi
di prova. Sara' vitale ridurre la corruzione, l'informal
lending che vanifica l'aumento del costo del denaro e il
peso delle imprese pubbliche. Le conseguenze saranno
benefiche per il dinamismo del paese, l'aumento dei consumi
e l'andamento della Borsa (quella di Shanghai e' al minimo da
3 anni). Queste decisioni hanno un forte timbro dirigista.
La politica riprendera' il timone che aveva momentaneamente
consegnato all'economia. Il governo in carica non puo'
procedere perche' ormai percepito debole allo scopo, quello
nuovo sara' chiamato a decisioni importanti, tese a
sgretolare un sistema di potere che il PCC stesso aveva
edificato. Tuttavia aggredire queste lobby consolidate non
sara' agevole. Ci vorranno almeno 2-3 anni prima che il grumo
di interessi che ruota intorno al vecchio modello imperniato
sugli investimenti venga sconfitto o affiancato da
un'impostazione piu' morbida che dia fiato ai consumi.
Soltanto dal 2014 e' prevedibile che la domanda interna
riprenda il vigore che tutti auspicano, che il timore dei
cittadini non freni i loro consumi e che soprattutto il
"governo ombra dell'economia" perda i suoi bastioni e lasci
decollare il paese verso posizioni piu' moderne e coerenti
con la sua crescita.



* Presidente di Osservatorio Asia



(RADIOCOR) 03-01-12 15:38:38 (0130)news,ASIA 5 NNNN
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