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A suo parere, siamo in un intervallo tra grandi crisi: la prossima potrà essere peggiore di quella esplosa con il crollo della Lehman Brothers, in quanto il suo epicentro sarà nel debito pubblico anziché in quelli privati. Bancarotte e default, magari mascherate come ristrutturazioni, interesseranno alcuni Paesi avanzati, intrappolati in modo insostenibile tra un debito che si autoalimenta e dinamiche economiche in cui la bassa crescita diventa strutturale al pari della disoccupazione. Morale: se più debito non può essere la soluzione al problema del debito, all'orizzonte si stagliano maggiori volatilità dei mercati (valute comprese) e dei Pil reali, più recessioni e più rischi per gli investitori.
Mauldin mostra molte charts sull'aumento esponenziale dei debiti statali negli anni futuri, ma è il primo a dire che quei grafici non si materializzeranno perché a un certo punto, a segnalare la crisi e la fine dei giochi, interverrà un "breakdown" del mercato dei bond. «L'evento più importante della settimana scorsa non è avvenuto in Medio Oriente ma in Irlanda, dove gli elettori hanno votato per rinegoziare il debito», afferma Mauldin, secondo cui «l'euro non è una valuta economica, ma una divisa politica» che non potrà sopravvivere nei termini attuali. Da buon repubblicano texano, Mauldin ritiene che il big government sia un grande freno alla crescita proprio perché oltre una certa soglia l'indebitamento pubblico genera sottoperformance economica: gli stimoli fiscali possono dare qualche sopravvalutata parvenza di risultati nel breve periodo ma incrementano ulteriormente il leverage rafforzando così i rischi sistemici. La recessione è talmente dietro l'angolo che «prima o poi arriverà anche in Cina». A questo punto un asset manager si alza e chiede a Mauldin dove mette i suoi soldi personali. «Oro fisico – risponde – non perché lo ritenga un buon investimento ma come assicurazione nel caso evaporino gli asset immateriali». A questo Mauldin aggiunge – oltre a fondi di asset alternativi – il massimo di rischio: «Mi piacciono alcune società biotech: ce n'è una che sta sviluppando un prodotto che curerà il cancro». E lascia i gestori impressionati e perplessi.
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05/03/2011
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