Roma, 13 apr.- Si arricchisce di un nuovo elemento il giallo sull'arresto dell'artista Ai Weiwei. Il 31 marzo, raccontano gli assistenti dello studio dell'archistar, la polizia aveva fatto visita ad Ai Weiwei offrendogli una posizione come membro della Conferenza consultiva politica del popolo, l'organo politico attraverso il quale il Partito comunista cinese colloca le più influenti personalità nella vita politica del Paese pur senza entrare a far parte del Partito. "Già una settimana prima Ai Weiwei ci aveva anticipato di aver ricevuto l'offerta, ma non sapeva ancora bene di cosa si trattasse", spiega ancora lo staff dell'artista. Nessuna rivelazione su quella che è stata la risposta di Ai, ma appena cinque giorni dopo aver ricevuto la proposta l'uomo è stato arrestato all'aeroporto della capitale. Per cinque giorni Pechino ha mantenuto il silenzio sull'episodio, mentre l'intera comunità internazionale ha lanciato diversi appelli alle autorità cinesi per il rilascio dell'artista accusando la Cina di voler mettere il bavaglio alle voci critiche del governo.
Il 7 aprile Pechino ha rotto il silenzio: l'artista è "indagato per reati economici" ha fatto sapere la portavoce del ministero degli Esteri Hong Lei senza però rilasciare ulteriori dettagli (questo articolo). "Il suo arresto non ha nulla a che vedere con la questione dei diritti umani o della libertà di espressione e la comunità internazionale non ha alcun diritto di interferire in questioni interne" ha poi aggiunto la portavoce. Ma le motivazioni ufficiali di Pechino poco convincono i molti osservatori secondo cui l'accusa di reato economico rappresenta solo un pretesto utilizzato dal governo, mentre Ai, semplicemente, incarna l'ultima vittima caduta nella tela della repressione del dissenso. Un'ipotesi che sembra essere confermata anche dai fatti degli ultimi giorni che vedono la moglie di Ai Weiwei interrogata per ore sul pagamento tasse da parte dello studio dell'architetto. "Sono stata convocata dall'Ufficio tasse del distretto pechinese di Chaoyang per un 'colloquio' sullo stato finanziario dell'ufficio" ha spiegato Lu Qing. "L'interrogatorio è durato più di un'ora. Credo fossero alla ricerca di qualche prova" ha continuato la donna. Intanto il Dragone continua a tenere la bocca cucita sia sulle condizioni di salute dell'artista che sul luogo di detenzione.
Più che un criminale Ai Weiwei sembra essere però più che altro un personaggio scomodo: 53 anni, tra gli artisti cinesi più conosciuti al mondo, nel 2008 ha collaborato all'ideazione del design del "Nido d'Uccello", lo stadio olimpico di Pechino, ma si è anche sempre distinto come una delle voci più critiche verso il sistema a partito unico. Sempre in quell'anno l'artista realizzò un'installazione audio che riportava i nomi dei 5mila bambini scomparsi nel crollo delle scuole dopo il disastroso terremoto che colpì il Sichuan, morti secondo le accuse dei genitori per la scarsa qualità delle costruzioni. Sempre in Sichuan Ai Weiwei venne picchiato da uomini in borghese che intendevano impedirgli di partecipare al processo a uno degli attivisti che si battevano per il risarcimento delle vittime del terremoto. Il pestaggio gli provocò un ematoma cerebrale che lo costrinse a un'operazione d'urgenza mentre si trovava in Germania per organizzare una mostra. E dopo gli 'avvertimenti' per Ai si sono spalancate le porte della prigione.
Il giro di vite sui dissidenti e critici del partito sembra diventare sempre più serrato. Un inasprimento, questo, messo in atto da Pechino in seguito ad alcune timide imitazioni dei "Raduni dei Gelsomini" organizzate a fine febbraio a Pechino e Shanghai (questo dossier). Nonostante lo scarso successo le manifestazioni hanno portato dietro le sbarre diversi attivisti che in passato si sono espressi a favore di una maggiore apertura democratica. Insieme a loro sono finiti in manette anche alcuni manifestanti e, naturalmente, i dissidenti che avevano invitato la popolazione a protestare. Di quest'ultimo gruppo fanno parte Chen Wei (questo articolo), Ran Yufei e Ding Mao - già in carcere da qualche mese - e Zhu Yufu, il cui arresto avvenuto lo scorso 5 marzo è stato appena confermato dalle autorità di Hangzhou. Prima di quella data – racconta ai media la sua ex moglie Jiang Hangli – Zhu era stato tenuto sottocontrollo per oltre 20 giorni 24 ore su 24".
Attivista pro democrazia di lunga data, Zhu non è nuovo all'ambiente carcerario: l'uomo fu incarcerato nel 1999 per il suo coinvolgimento nel Partito democratico cinese che si riprometteva di sfidare il Partito comunista. Rilasciato nel 2006, fu di nuovo imprigionato dal 2007 al 2009. "Sappiamo che è stato arrestato per sovversione all'ordine pubblico, ma non conosciamo il motivo specifico" spiega Zhu Zhengming, un amico del dissidente. "Suppongo abbia a che fare con una poesia in cui Zhu invitava le persone a scendere per strada e passeggiare" ha continuato l'uomo. Una strofa che le autorità cinesi potrebbero aver letto come un invito a protestare: l'appello alle rivolte dei Gelsomini cinesi chiedeva alla popolazione di raggiungere le piazze, camminare e sorridere. "Molti dei manifestanti – sostengono alcune fonti – sono invece stati spediti nei campi di rieducazione".
di Sonia Montrella
colta l'approfondimento radiofonico di AgiChina24 su Radio Radicale.
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