Pechino, 05 feb. - Una mostra d'eccezione per celebrare i 400 anni dalla morte di padre Matteo Ricci, il gesuita protagonista dello straordinario viaggio dall'Europa del Rinascimento al Celeste Impero, il primo, fondamentale, ponte tra la cultura cinese e quella europea: apre domani al Capital Museum di Pechino l'esposizione "Matteo Ricci- Incontro di Civiltà nella Cina dei Ming", che presenta un'impareggiabile selezione di 200 opere provenienti dai principali musei italiani e cinesi- tra cui capolavori di artisti come Raffaello e Tiziano - e preziosi documenti dell'arte e della cultura dell'impero dei Ming. "Si tratta del primo tentativo congiunto di Italia e Cina per la promozione di un evento su Matteo Ricci, - racconta il professor Filippo Mignini, direttore dell'Istituto Matteo Ricci per le relazioni con l'Oriente e curatore della mostra - prima abbiamo avuto incomprensioni, condanne, chiusure, silenzi: adesso ci sono finalmente le condizioni per svolgere questa operazione senza i pregiudizi del passato e il semplice fatto di essere riusciti a organizzare questa esposizione è già un evento significativo nella storia dei rapporti tra Cina e Italia". La mostra, promossa dalla Regione Marche e organizzata da Mondo Mostre, toccherà anche Shanghai, Nanchino e Macao, fino al giugno di quest'anno. Com'è articolata? L'esposizione, spiega il professor Mignini, è suddivisa in due parti: "Nella prima esponiamo i principali documenti della civiltà europea che Ricci ha introdotto in Cina. Si tratta di una rassegna mirata degli ambiti culturali della civiltà del Rinascimento introdotti dal gesuita nel Celeste Impero, la pittura ad olio, l'architettura, le scienze, le tecnologie, la filosofia, la letteratura, la teologia. Abbiamo dedicato una sezione alla cultura del libro, come strumento condiviso sia in Cina che in Europa per la trasmissione del sapere. Nella seconda sezione, invece, c'è un tunnel che descrive il viaggio di Ricci da Macerata fino a Macao; da qui in poi si ricostruisce il percorso compiuto in Cina da Li Madou, come lo chiamavano i cinesi, in tutte le sue tappe. Qui vengono presentati i risultati ottenuti da Ricci e dai suoi amici intellettuali cinesi, perché la tesi di fondo è che senza questa collaborazione il gesuita sarebbe riuscito a fare ben poco, e ogni città del viaggio rappresenta un aspetto fondamentale della cultura cinese col quale Ricci si misurò". Le varie tappe comprendono Macao, dove lo studioso si cimentò con la lingua, e poi Zhaoqin (il Buddismo); Shaozhou (il Confucianesimo, con la traduzione in latino dei quattro libri di questa dottrina); Nanchang (il Taoismo) e Nanchino (Il culto degli antenati), per arrivare finalmente alla corte dei Ming, a Pechino. "Il percorso termina con un pezzo estremamente suggestivo- conclude Mignini- cioè il ritratto di Matteo Ricci che venne dipinto la notte della sua morte e trasportato a Roma qualche anno dopo". Un dipinto che, domani, ritorna in Cina per la prima volta dopo 400 anni.