"Non fare nulla non è accettabile. Il silenzio non è spirituale". Ad uscire allo scoperto è un gruppo di donne che aveva fino ad ora taciuto. Si tratta delle cristiane evangeliche, in rappresentanza di uno dei gruppi sociali e religiosi più conservatori d'America. Sono 140, registra Time, le credenti "evangelical" che hanno scelto di scendere in campo redigendo un documento rivolto alle consorelle e alle chiese promosso dalle attiviste Belinda Bauman e Lisa Harper.
Al centro della lettera aperta vi è l'appello affinché le istituzioni religiose supportino ed accolgano le donne che scelgono di denunciare le storie di abusi, violenze o molestie. In piena polemica con la tendenza delle organizzazioni clericali a scegliere di mantenere un profilo molto discreto su questo tipo di questioni.
A poche ore dalla pubblicazione, il documento ha raccolto 3000 firme. "Facciamo appello ai nostri pastori, anziani e fedeli che stono stati in silenzio fino ad ora, a parlare e a sostenere chi è stato vittima di abusi" recita il documento riportato da Time.
È ovviamente già attivo l'hashtag ufficiale #SilenceIsNotSpiritual, il silenzio non è spirituale. La campagna durerà fino alla prossima primavera. Questa battaglia è la seconda e più organizzata fase della campagna social #ChurchToo, dedicata nello specifico a dar voce alle vittime di abusi sessuali all'interno delle chiese, arrivata a corredo della più generica ed inclusiva #MeToo.
In effetti i gruppi religiosi, in genere, tendono ad abbassare molto la guardia su questo tipo di questioni. Secondo LifeWay, un istituto di ricerca cristiano, quasi la metà dei ministri di culto incredibilmente non conosce nessun membro della propria chiesa che sia stato vittima di violenze, mentre il 52% soltanto ha un programma che possa aiutare le vittime di abusi domestici.
#SilenceIsNotSpiritual si innesta così in un movimento che sta cambiando il volto degli Stati Uniti. Quello che è trascorso, infatti, sarà ricordato nei libri di storia come l'anno di #MeToo. La campagna social è partita in autunno e che è stata la cassa di risonanza di un movimento potente e consapevole che ha avuto il merito di scuotere le acque e di portare a galla esperienze comuni di molestie e abusi che la società stava pericolosamente normalizzando. Un hashtag, una confessione, una denuncia che ha dato voce a milioni di donne in tutto il mondo.
Specialmente negli Stati Uniti, travolti dalla valanga degli scandali sessuali che, partendo dal caso del potentissimo produttore Harvey Weinstein, ha coinvolto attori, politici e giornalisti di primo piano, sfiorando anche la porta della Casa Bianca, con le accuse di molestie, una ventina, rivolte al presidente americano Donald Trump.