Dal 31 gennaio a oggi, il neo presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, ha al suo attivo la firma di sette ordini esecutivi e 11 memo per un totale di 18 azioni esecutive. Anche se questa media di 1,5 provvediementi al giorno può sembrare un ritmo serrato e senza precedenti, in realtà così non è. Barack Obama, infatti, nei suoi primi 12 giorni di amministrazione del 2009 firmò ben 19 azioni esecutive (nove ordini e 10 memo).
Why is @BarackObama constantly issuing executive orders that are major power grabs of authority? This is the latest
— Donald J. Trump (@realDonaldTrump) 10 luglio 2012
http://t.co/4IVBckTE
Nell'ordinamento statunitense, l'ordine esecutivo è un provvedimento di efficacia immediata, che quindi non deve passare dal Congresso, ed è firmato dal Presidente degli Stati Uniti e indirizza le politiche esecutive delle agenzie del Governo.
I provvedimenti di Trump fanno 'baccano'
Anche se Trump nei suoi primi 12 giorni da Presidente ha firmato un minor numero di azioni esecutive rispetto a Obama, le sue hanno riguardato diversi ambiti come sanità, immigrazione, petrolio, aborto e commercio e hanno avuto un grande impatto sull'opinione pubblica. Fin dalle prime ore dopo il giuramento, il 45esimo presidente ha iniziato a firmare ordini esecutivi, alcuni dei quali particolarmente controversi, che hanno provocato accese proteste nel Paese e nel resto del mondo: dal provvedimento per la costruzione del muro lungo il confine Usa-Messico al divieto temporaneo di ingresso negli Stati Uniti per i rifugiati provenienti da sette Paesi a maggioranza musulmana; dall'ordine che ristruttura drasticamente il Consiglio di Sicurezza Nazionale all'abrogazione dell'Affordable Care (la riforma sanitaria voluta dal suo predecessore).
I primi ordini esecutivi dell'era Obama si concentrarono, invece, sul divieto dell'uso della tortura durante gli interrogatori dei 'nemici-combattenti', sulla chiusura delle carceri d'oltremare della CIA e sulla chiusura entro un anno di Guantanamo. L'idea di dismettere la prigione aperta sull’isola di Cuba nel 2002, creò talmente tante polemiche che Obama sembrava sostanzialmente orientato a rinunciarvi. E proprio alla scadenza del suo secondo mandato, ha attaccato il Congresso per averne impedito la chiusura, facendo venir meno una delle promesse fatte in prima persona.