Roma - Da Barack Obama a Papa Francesco, sono numerosi i personaggi eccellenti finiti nel mirino del 'castigatore' Rodrigo Duterte. Il 71enne populista ed ex sindaco di Dava, eletto a maggio alla presidenza delle Filippine, e' stato ribattezzato il Trump dell'Asia per le sue forti provocazioni e lo stile da 'macho'.
Durante la campagna elettorale, "Digong" - come viene talvolta chiamato - aveva offeso pesantemente Bergoglio, definendolo un "figlio di p..." per gli ingorghi creati durante la sua visita a Manila, che lo avevano imprigionato nel traffico per 5 ore. Duterte aveva annunciato di voler porgere le scuse al Papa, salvo poi rimangiarsi la parola.
Ad agosto una nuova bordata di insulti, stavolta contro l'ambasciatore americano a Manila, Philip Goldberg, bollato come "gay" e "figlio di p..." per essersi "immischiato" durante le elezioni. Offese che avevano spinto il dipartimento di Stato a convocare l'incaricato d'affari filippino a Washington per chiarire le "dichiarazioni inappropriate".
Non soddisfatto, Duterte ha oggi alzato il tiro degli insulti direttamente contro Barack Obama, definito anche lui un "figlio di p..." e minacciato pubblicamente per una sua eventuale intromissione nella violenta campagna contro gli spacciatori voluta dal numero uno di Manila.
La guerra alla droga del presidente filippino, annunciata e messa in atto non appena salito al potere, ha fatto finora oltre 2.400 vittime, con i venditori di stupefacenti uccisi nei raid della polizia ma anche da vigilantes e improvvisati vendicatori tra i cittadini comuni. Inutili le proteste di associazioni per i diritti umani, gerarchie cattoliche, deputati e Nazioni Unite. Il 'castigatore' ha confermato il pugno di ferro: "altre persone saranno uccise, molte, fino a quando l'ultimo spacciatore non sara' via dalla strada", ha promesso. (AGI)