Vienna (dall'inviato Fabio Greco) - La comunita' internazionale da' il via libera al governo di Fayez al Serraj ma fa di piu': promette di dargli le armi per difendersi e apre la strada alla creazione di un esercito che unifichi le milizie presenti nel paese. "Il governo di accordo nazionale ha chiesto al Comitato dell'Onu per le sanzioni alla Libia di potersi procurare le armi letali necessarie alla Guardia presidenziale al Comando anti-Daesh (Isis, ndr). Sosteniamo pienamente questi sforzi continuando, al tempo stesso, un embargo che eviti trasferimenti di armi fuori dal controllo del Governo di accordo nazionale", si legge nella bozza del documento finale che chiude la Riunione ministeriale a cui a Vienna hanno partecipato 21 paesi (piu' Ue, Onu, Lega Araba), un tavolo al quale hanno lavorato Roma e Washington nel tentativo di allontanare la prospettiva dei "boots on the ground", ovvero l'ingresso di militari stranieri sul territorio libico.
Era stato lo stesso Serraj, premier designato del governo messo in piedi dall'Onu, a fissare i termini del rapporto tra Tripoli, dove il suo esecutivo si e' insediato da poco, e il resto del mondo: "Non chiediamo soldati sul terreno, ma assistenza per l'addestramento e inoltre la revoca dell'embargo sulle armi", aveva scritto in una lettera pubblicata dal Sunday Telegraph, che tutti i partecipanti alla Riunione si sono trovati sul tavolo, forse tirando un sospiro di sollievo."Siamo di nuovo sulla giusta strada. Chiediamo -si legge nella lettera- la fine immediata delle sanzioni Onu che tengono congelati beni libici: abbiamo bisogno di queste risorse per sconfiggere i terroristi", continua. Ma bisogna essere "realistici": "Ci vorra' del tempo per riprendersi da caos e divisioni". Poi il monito: "La comunita' internazionale ha delle responsabilita' verso la Libia. "Appoggeremo il consiglio di presidenza e cercheremo di revocare l'embargo e fornire gli strumenti necessari per contrattaccare l'Isis", gli ha assicurato John Kerry. "E' importante e urgente - ha sottolineato il segretario di Stato americano- risolvere la situazione il piu' velocemente possibile: tutti conoscono il prezzo inaccettabile che le rivalita' interne stanno infliggendo al popolo libico, all'economia e alla sicurezza e l'aumento dell'estremismo che ne trae vantaggio". Kerry ha ribadito che il governo Serraj e' "l'unico legittimo della Libia", che "ora deve iniziare a lavorare" ed e' un "imperativo per la comunita' internazionale sostenerlo. Coloro che minacciano la pace e la sicurezza in Libia o che vogliono ostacolare la transizione politica dovranno affrontare la prospettiva delle sanzioni". Il pensiero va a Khalifa Haftar, il generale che, sostenuto dall'Egitto, da un lato guida il proprio Libero esercito contro la minaccia terrorista dell'Isis, dall'altra continua a sottrarre territori al controllo del governo Serraj e intanto manovra i propri parlamentari affinche' a Tibruk non si voti la fiducia all'esecutivo. Haftar "potra' essere coinvolto" nella transizione ma, ha spiegato Paolo Gentiloni, solo in virtu' di "un suo riconoscimento della legittimita' del governo di al Serraj".
Il tema di Vienna era, infatti, la benedizione della comunita' internazionale a Fayez al Serraj, poiche' solo da li' puo' discendere la parziale revoca dell'embargo alle armi e il sostegno a tutti i processi di state building. Da questo punto di vista a Vienna, ha affermato il capo della Farnesina, e' stato realizzato oggi un "grosso passo avanti". "C'e' una base su cui costruire", insiste Gentiloni, soddisfatto per la "leadership" riconosciuta da Washington ne corso della conferenza stampa. L'Italia, ha detto Kerry, ha con la Libia "una relazione e un interesse molto speciale", ed e' "sempre al primo posto nello sforzo" per la stabilizzazione del paese. Sono grato al ministro degli Esteri Paolo Gentiloni e all'Alto rappresentante Ue Federica Mogherini per il loro impegno sulla questione". Vienna traccia ancora una volta la via diplomatica indicata dalla Conferenza di Roma. Le rappresentanze, afferma il comunicato finale della riunione, saranno aperte "il piu' presto possibile" a Tripoli. "Tra pochi mesi", ha precisato il capo della Farnesina sottolineando l'esistenza di "un'intesa con altri paesi, tra cui Francia e Gran Bretagna" per la "predisposizione di piani di sicurezza per le rappresentanze". Ed e' questo impegno a "rendere difficile" l'altro, quello chiesto dall'Onu per la protezione delle sue sedi. L'Italia, invece, e' pronta ad "addestrare" la Guardia presidenziale, da poco costituita. Cosi' come l'Europa, ha sottolineato Mogherini, ha rimesso in moto 100 milioni di euro destinati alla formazione, all'assistenza umanitaria, ai giovani di quel paese, e ha ottenuto dalla Riunione di oggi e dai libici il "sostegno e il riconoscimento" dell'importanza di Sophia, l'operazione di controllo delle coste contro il traffico di esseri umani. A Tripoli spetta, pero', il compito di creare le condizioni perche' tutto cio' avvenga, ovvero attraverso la creazione di un "comando unificato" delle forze militari. La comunita' internazionale saluta positivamente la creazione di una Guardia presidenziale, "riconosce la necessita' di un coordinamento degli sforzi tra il legttimo esercito libico e le forze di sicurezza" e "li sollecita a collaborare rapidamente per la creazione di un comando unificato" che riesca a "coordinare il contrasto a Daesh e ad altri gruppi terroristici". Tutto questo, soprattutto quet'ultimo capitolo, adesso bisognera' spiegarlo a un riluttante Khalifa Haftar. (AGI)