Milano - Qualunque siano le ultime volontà e disposizioni di Bernardo Caprotti, l'imprenditore lombardo morto venerdì scorso, la certezza che abbia lasciato un'eredità inestimabile è nei numeri. L'uomo che avrebbe compiuto 91 anni il prossimo 7 ottobre ha consacrato una vita intera al lavoro, e la sua creazione maggiore è la catena di supermercati Esselunga. Controllata dalla holding Supermakets Italiani, la società fondata da Caprotti nel 1957 detiene adesso il 9% circa delle vendite di supermercati e ipermercati italiani. Dal primo 'negozio' fondato in viale Regina a Milano, Esselunga è arrivata a detenere 152 punti vendita dislocati soprattutto nel nord e nel centro Italia (Lombardia, Piemonte, Veneto, Liguria, Emilia Romagna, Toscana, fino al recente sbarco nel Lazio). Con quasi 22mila dipendenti, il gruppo ha archiviato il 2015 con un fatturato di oltre 7 miliardi di euro.
Campali le battaglie sostenute da Caprotti nel corso della sua vita, all'esterno (soprattutto contro i 'rivali' della Coop) e all'interno, nel seno della propria famiglia per il controllo stesso della società. Nel suo libro 'Falce e carrello', Caprotti ha sintetizzato la lunga guerra, commerciale e giudiziaria, contro le 'cooperative rosse' che lui accusava di concorrenza sleale e di aver impedito l'espansione dei suoi supermercati in diverse regioni. Sposato con Giuliana Albera, dalla quale ha avuto la figlia Marina, il patron dell'Esselunga aveva altri due figli di primo letto, Giuseppe e Violetta. Con loro due è andata in scena un'interminabile saga giudiziaria che, al momento della morte, non si era ancora conclusa: i figli avevano fatto causa al padre per rientrare in possesso delle quote della società che lo stesso Caprotti aveva donato loro, per poi revocarle in un secondo momento. La battaglia ha visto Giuseppe e Violetta sconfitti in Cassazione, ma sulla vicenda pende un ricorso presentato nuovamente dai figli. (AGI)