Rallenta al 6,2% la crescita in Cina nel secondo trimestre 2019, scontando i contraccolpi della disputa tariffaria con gli Stati Uniti, ai minimi dal primo trimestre del 1992. Il dato del periodo compreso tra aprile e giugno scorsi è in linea con le attese degli analisti e segna un ulteriore rallentamento rispetto al 6,4% registrato nel primo trimestre e al 6,6% del 2018. Sul rallentamento pesano anche le incertezze a livello globale derivanti dalle tensioni con gli Stati Uniti, di nuovo in fase di pausa e in attesa di una ripresa dei negoziati per risolvere la disputa sul commercio.
I numeri diffusi dall'Ufficio Nazionale di Statistica, che portano la crescita al 6,3% nel primo semestre 2019, rientra negli obiettivi di crescita fissati dal governo tra il 6% e il 6,5% per l'anno in corso: segnali di stabilizzazione dell'economia sono comparsi nel mese di giugno, quando la produzione industriale è cresciuta del 6,3% su base annua contro il 5% di maggio, mentre le vendite al dettaglio hanno registrato un aumento del 9,8% rispetto al +8,6% del mese scorso.
In crescita anche gli investimenti in beni immobili, che nel primo semestre del 2019 hanno raggiunto un +5,8%, contro il 5,6% dei primi cinque mesi dell'anno, superando in tutti i casi le aspettative e mandando un segnale positivo rispetto agli stimoli all'economia messi in atto dal governo centrale. Perdono slancio, nel mese di giugno, gli investimenti immobiliari, cresciuti del 10,9% nel primo semestre contro l'11,2% del periodo compreso tra gennaio e maggio scorsi. Su base congiunturale, la crescita del secondo trimestre è stata dell'1,6%, in rialzo rispetto all'1,4% del periodo compreso tra gennaio e marzo scorsi.
I risultati dell'ultimo mese hanno spinto in lieve rialzo le piazze asiatiche alla riapertura: Shanghai ha virato in positivo dopo una partenza a -0,31%, chiudendo la mattina con un +0,76%, e Shenzhen, dopo un avvio in calo, e' andata in pausa in rialzo dell'1,44%. A Hong Kong, l'indice Hang Seng guadagna lo 0,22%, mentre e' piatto il Kospi di Seul.
L'impatto della guerra dei dazi
Il rallentamento dell'economia è risultato evidente dagli ultimi dati della bilancia commerciale relativi al primo mese di innalzamento al 25% delle tariffe Usa su 200 miliardi di dollari di prodotti Made in China a cui ha fatto seguito una misura di rappresaglia da parte della Cina su 60 miliardi di dollari di merci statunitensi. Le esportazioni sono calate dell'1,3% a giugno, mentre le importazioni hanno registrato un calo del 7,3%. Ancora più evidente il crollo rispetto al rapporto con gli Usa: nei primi sei mesi dell'anno le esportazioni sono calate del 7,8%, mentre le importazioni sono crollate del 31% rispetto ai valori dello stesso mese del 2018.
Dai dati diffusi, gli analisti si attendono nuove misure a breve-medio termine a sostegno dell'economia, dopo gli stimoli avviati nei mesi scorsi, e le ultime indicazioni del primo ministro, Li Keqiang, su strumenti finanziari a sostegno delle piccole imprese. Dall'inizio dell'anno, il governo centrale ha annunciato un taglio delle tasse equivalente a duemila miliardi di yuan (circa 260 miliardi di euro) e una quota di 2150 miliardi di yuan (277 miliardi di euro) per l'emissione di bond speciali da parte delle amministrazioni locali.
Per sostenere l'accesso al credito, la banca centrale cinese ha poi abbassato i requisiti di riserva obbligatori delle banche per sei volte dall'inizio del 2018. Piu' recentemente ha operato ingenti iniezioni liquidita' nel sistema finanziario e si e' impegnata ad aumentare i prestiti per le piccole imprese cinesi.