AGI - Cosa hanno in comune una scatola piena di mattoni e una busta con capi di abbigliamento contraffatti? Lo sa la National Retail Federation (NRF) – la Confcommercio USA – che ha stimato in oltre 100 miliardi di dollari il giro di affari della cosiddetta “truffa dei resi” che sta impazzando oltreoceano.
In sostanza, si acquista un oggetto – spesso costoso – e, sfruttando la possibilità di restituirlo gratuitamente con conseguente rimborso, nell’imballaggio si mette tutt’altro. Così c’è chi acquista scarpe di lusso e restituisce imitazioni di bassa qualità. E addirittura chi acquista un televisore e riconsegna una scatola di mattoni.
Ad agire così non sono solo gruppi criminali ma anche semplici clienti, allettati dalla possibilità di farsi qualche regalo a costo zero. Un fenomeno esteso, che coinvolge circa il 13,7% del totale dei resi ricevuti dai retailer l’anno scorso – e che è in netta crescita, più del doppio, rispetto al 2020.
Secondo l’NRF, l’anno dei record potrebbe essere però quello appena iniziato. Si prevede infatti che in questi giorni verrà restituito circa il 15% della merce acquistata durante le festività natalizie (per un giro di 148 miliardi di dollari) – e il 17% di quel 15% sarà proprio di natura fraudolenta.
Ma come è possibile? Semplice: per ottimizzare i tempi ed invogliare la clientela a comprare senza esitazioni, buona parte dei rimborsi viene emesso dai commercianti prima ancora di verificare il contenuto delle scatole, e più precisamente nel momento in cui il corriere scansiona l’etichetta di spedizione. Una volta resosi conto della truffa, tuttavia, lo storno è già partito con l’accredito all’acquirente.
Non è certo un caso che la mole di resi fasulli aumenti statisticamente nelle settimane successive alle festività natalizie, quando milioni di clienti restituiscono e scambiano i regali indesiderati (molti dei quali in assoluta buona fede) e creano piramidi di merce che ha bisogno di giorni per essere controllata tutta.
Anche se c’è anche chi, più sfacciatamente, sostiene direttamente che l’ordine sia arrivato danneggiato e chiede il rimborso senza rispedire alcunché.
Così, a mali estremi… nel tentativo di porre fine a queste tattiche, i rivenditori stanno esortando i clienti a portare i resi presso i loro negozi fisici, in modo che la merce possa essere immediatamente ispezionata e gli eventuali truffatori possano essere identificati. Un’altra soluzione, anche se solo parziale, viene da chi vuole mettersi definitivamente alle spalle l’era dei “resi gratuiti”, scaricando sulla clientela insoddisfatta – tutta la clientela – le spese di reso.