Roma - (di Silvia Inghirami) Raddoppiare la capacità produttiva nel giro di tre anni con tre miliardi di bottiglie di acqua e bibite destinate all'estero. è l'obiettivo del presidente e ad del gruppo S. Pellegrino, Stefano Agostini, che scommette sul "recupero dei consumi interni in Italia" e su una crescita consistente delle vendite internazionali. Facendo leva sul "life style" italiano e sulla "cultura del benessere" l'azienda conta di arrivare nel triennio ad una produzione di 3 miliardi di pezzi tra bottiglie d'acqua e bibite destinate all'estero (ora vengono prodotte 1 miliardo di bottiglie d'acqua e 470 milioni di bibite tra bottigliette in vetro e in lattina). Ma la sfida nuova è un'altra: "Lanciare l'aperitivo all'italiana".
Un progetto ancora in fase di studio e che deve essere supportato dal 'sistema Italià, per allacciare sempre di più il consumo di beverage e di cibo tricolori con i territori e il turismo. Una promozione a tutto campo, quindi, che si collega perfettamente alla strategia di comunicazione di S. Pellegrino, sintetizzata dallo slogan "Live in Italy". Nel 2015 il gruppo (acque minerali S.Pellegrino, Panna, Levissima e le bibite) ha registrato un giro d'affari di 911 milioni di euro, in crescita del 12,4% rispetto al 2014. Il fatturato sui mercati internazionali è aumentato del 25,4%. Consistenti gli investimenti, in particolare quelli sullo stabilimento di Castrocielo, in provincia di Frosinone (16 milioni): "La linea di produzione è partita da poco e siamo molto soddisfatti", afferma Agostini. Altri investimenti sono stati fatti per rafforzare la capacità logistica e produttiva dello stabilimento di S. Giorgio in Bosco, in provincia di Padova: "Stiamo ultimando in questi giorni l'ampliamento delle linee di produzione, rendere più efficiente il flusso logistico, migliorare l'immagine. Ma abbiamo in corso anche investimenti in altri stabilimenti per potenziare la competitività nel mercato interno e internazionale".
Il piano di sviluppo prevede l'espansione geografica e l'ampliamento distributivo: "Al momento siamo presenti in 145 paesi per la vendita di acqua - sottolinea l'ad - e in 90 paesi per le bibite. Ma l'acqua la esportiamo da 117 anni e le bibite da un decennio. Il grande successo di aranciate e limonate è dovuto al fatto che abbiamo aumentato la percentuale di succo al 20% e diminuito del 10% la quantità di zucchero. Ma è un successo legato anche all'italianità, perché usiamo agrumi italiani". "A distinguerci - prosegue - è la capillarità distributiva: chi ama prodoti di qualità trova S. Pellegrino, ovunque nel mondo".
Ma quali sono i mercati su cui puntate di più? "Gli Stati Uniti sicuramente. Nei prossimi 5 anni si prevede che quello statunitense sarà il mercato con la maggiore crescita in valore assoluto. Continua ad aumentare anche il mercato francese e stanno andando bene quello britannico, tedesco, svizzero. Consideriamo una grandissima opportunità i mercati asiatici, compreso il Middle East, in particolare gli Emirati Arabi. Siamo pronti a tornare in Argentina e in India, dopo le restrizioni doganali. Belle sorprese ci stanno dando Perù e Cile".
E la Cina? "E' una scommessa non ancora maturata. Vendiamo più in Corea. Ma stiamo investendo nel training". La strategia del gruppo - spiega Agostini - è di "seminare nella ristorazione di qualità"; per questo vengono promossi e sponsorizzati eventi gastronomici, con giovani cuochi o chef affermati. Il cliente del ristorante abbina la qualità del cibo all'acqua S. Pellegrino e allo stile di vita italiano e se poi verrà in Italia potrà diventare un consumatore abituale. "Dobbiamo cercare di portare più turisti nel nostro Paese e strapparli alla Francia - afferma Agostini - Quando avranno conosciuto le nostre bellezze e gustato la nostra cucina cercheranno i prodotti italiani anche nel loro Paese".
Il marchio Made in Italy ha ancora un forte appeal all'estero?
"Sì, vale tantissimo. Fino a 20 anni fa era sinonimo di prodotti di prestigio, legati ad una tradizione antica; poi si è cominciato a parlare di stile e design italiano, negli ultimi anni di life style. Dietro i nostri prodotti c'è ancora una cultura, un sapere, un modo di vivere che gli stranieri vogliono provare e portarsi via". Per Agostini, bisognerebbe spingere su questi vantaggi competitivi "creando sinergie", "facendo sistema" e "difendendo l'unicità italiana". E il Ttip, il trattato transatlantico su commercio e investimenti tra Ue e Usa, che conseguenze potrebbe avere? "Se non viene gestito bene può avere effetti devastanti - risponde - Gli impatti possono essere seri e vanno valutati bene. I prodotti tipici vanno tutelati". (AGI)